Gli appassionati di motociclismo ricorderanno bene quanto avvenuto in MotoGP nel 2016, quando Jorge Lorenzo decise di lasciare la Yamaha e abbracciare la sfida Ducati a partire dalla stagione successiva.  Durante il suo biennio a Borgo Panigale il maiorchino collezion&ograve; un totale di tre successi e sei podi, un bottino inficiato dalle iniziali difficolt&agrave; di adattamento alla Desmosedici e dagli infortuni che minarono la sua avventura in rosso. Tanto da spingerlo a firmare con Honda per la stagione 2019, che si rivel&ograve; poi l&rsquo;ultima del #99 in classe regina.  MotoGP e 500: i 10 pi&ugrave; vincenti della Storia    Jorge Lorenzo, da Yamaha a Ducati   Un periodo delicato della sua carriera che il cinque volte iridato ha ripercorso all&rsquo;interno di un documentario firmato DAZN. &lsquo;Il primo approccio arriv&ograve; da parte di Gigi&nbsp;Dall&rsquo;Igna nel 2014. &Egrave; sempre stato un mio grande sostenitore, abbiamo lavorato insieme in Derbi e Aprilia. Sapeva che se la moto fosse stata di mio gradimento, avrei vinto, ma mi disse chiaramente che la moto non era pronta&quot; ha detto Lorenzo a proposito dei primi approcci con la Rossa, avvenuti ben prima del suo reale approdo in Italia. Pochi mesi dopo la situazione cambi&ograve;, la Ducati inizi&ograve; a diventare pi&ugrave; competitiva e realmente attrattiva per l&#39;allora pilota Yamaha: &ldquo;A fine 2015 cercavo nuovi stimoli dopo tanti anni con la Casa di Iwata, anche perch&eacute; non mi fu mostrato troppo entusiasmo dopo il titolo di quell&#39;anno. Era chiaro che i media preferivano che vincesse Valentino. Chiamai Gigi Dall&#39;Igna e da l&igrave; inizi&ograve; tutto. Certo, forse pensavo che il mio adattamento sarebbe stato pi&ugrave; veloce &ndash; ha detto Jorge a proposito delle sue difficolt&agrave; iniziali in sella alla Ducati &ndash; era una moto che spingeva di pi&ugrave; in rettilineo, era molto stabile in frenata, ma sostanzialmente non aveva la percorrenza in curva della Yamaha. Volevo guidare la Desmosedici come la M1 e per questo non andavo forte&rdquo;&nbsp;ha spiegato.  La situazione miglior&ograve; gara dopo gara: &ldquo;Alla fine del 2017 terminai positivamente la stagione, la Ducati era contenta delle mie prestazioni e pensavo che nel 2018 la stagione sarebbe iniziata ancora meglio. Ma accadde il contrario&rdquo;. L&rsquo;inizio della seconda annata in rosso fu infatti sfortunato, con due zeri nelle prime quattro uscite: &ldquo;In pi&ugrave;&nbsp;ebbi la sfortuna di ritrovarmi in quella famigerata caduta a Jerez (che coinvolse Daniel Pedrosa e Andrea Dovzioso, ndr) e di buttare fuori il mio compagno di box, il contendente di Marquez per il titolo&quot;.  Lorenzo: la firma con Honda, l&#39;addio a Ducati   La situazione nel box divenne pi&ugrave; tesa. &ldquo;Tutto ci&ograve; li fece diventare impazienti, infatti si cominciava a parlare della possibilit&agrave; che Danilo Petrucci potesse sostituirmi.&nbsp;Stavano ottenendo gli stessi risultati, ma lui costava dieci o undici volte meno di me. Quando mi ritrovai con le spalle al muro,&nbsp;presi il telefono e chiamai direttamente Alberto Puig&rdquo;. In quel momento Lorenzo firm&ograve; con&nbsp;la Honda per il 2019: &ldquo;Nessuno lo sapeva. Poi arrivammo al Mugello e cinque giorni dopo la firma tornai a vincere&rdquo; il ricordo del 37enne a proposito del trionfo nel GP d&rsquo;Italia 2018.&nbsp;  Ma era ormai troppo tardi per tornare indietro.&ldquo;Sapevo che prima o poi la Ducati sarebbe diventata la migliore perch&eacute; Gigi Dall&#39;Igna &egrave; una persona molto intelligente, molto testarda che ha reso vincenti tutti i progetti intrapresi&rdquo;, ha concluso Lorenzo.  MotoGP, Xaus su Marquez: &quot;Vuole superare Rossi e conquistare il decimo titolo&quot;   

Il maiorchino ha ripercorso la sua carriera: &quot;Dopo il 2015 cercavo nuovi stimoli. Nel 2018 firmai con Honda, ma cinque giorni dopo vinsi al Mugello&quot;

MotoGP, Jorge Lorenzo: &quot;Dall&#39;Igna mi voleva in Ducati gi&agrave; nel 2014&quot;

        Il Sachsenring &egrave; da sempre il giardino di casa di Marc Marquez, sulla pista tedesca ha vinto ininterrottamente dai tempi della 125 fino al 2021 dove riusc&igrave; ad imporsi nonostante l&rsquo;omero ruotato di 34&deg; a causa dell&rsquo;incidente dell&rsquo;anno precedente. Ora con la Ducati Desmosedici GP23 del team Gresini Racing cerca lo sgambetto a Francesco Bagnaia e Jorge Martin. MOTOGP ORARI, GP GERMANIA 2024: PROGRAMMAZIONE SKY E TV8 Il Sachsenring come ripartenza Ci sono piste che per caratteristiche, morfologia o banalmente feeling ad alcuni piloti riescono meglio di altre, il Sachsenring per Marc Marquez &egrave; sicuramente una di queste. Lo spagnolo &egrave; il miglior pilota nei circuiti sinistrorsi e la pista tedesca con l&rsquo;allungo da curva 4 a curva 10 tutto con la moto appoggiata sul fianco sinistro &egrave; da sempre terreno di caccia dell&rsquo;otto volte iridato. Un dominio iniziato addirittura in 125 con la Derbi del team RedBull Ajo Motorsport dove vinse con 17&rdquo; di vantaggio su Tomoyoshi Koyama e oltre 18&rdquo; su Sandro Cortese terzo e proseguito ininterrottamente fino al 2021 (nel 2020 anno del suo infortunio non si corse a causa delle restrizioni dovute alla pandemia) quando scattato dalla quinta casella dello schieramento vinse davanti a Miguel Oliveira e Fabio Quartararo il suo primo Gran Premio post infortunio. Nel 2022 per la prima volta dal 2013 anno del suo debutto in MotoGP il Gran Premio della classe regina fu vinto da un pilota che non si chiamasse Marc Marquez con Fabio Quartararo che riusc&igrave; a conquistare, quella che &egrave; ad oggi, l&rsquo;ultima vittoria per il francese in MotoGP. Marc nel 2022 fu assente in quanto convalescente dopo l&rsquo;operazione ultima e definitiva al braccio per ruotare nella posizione naturale l&rsquo;omero. Mentre nella passata edizione dove Marc decise di non prendere parte alla gara dopo le difficolt&agrave; e le cadute nei primi due giorni del weekend con la sua Honda RC213V, fu il duello tra Jorge Martin e Francesco Bagnaia ad appassionare i tifosi tedeschi. Il 2024 per Marc Marquez &egrave; stato l&rsquo;anno della rinascita sportiva, a 31 anni ha accettato di calarsi nella realt&agrave; familiare del team Gresini Racing accettando di correre con una Desmosedici GP23 contro le ufficialissime GP24 di Francesco Bagnaia e Jorge Martin. Marc &egrave; stato il solo fino a qui a riuscire ad impensierire costantemente il due volte iridato ed il runner-up della passata stagione. Negli ultimi Gran Premi per&ograve; il gap tecnico tra la moto nuova e quella vecchia affidata ai team privati &egrave; sembrato allargarsi. Marc Marquez se vuole interrompere il digiuno dalla vittoria che prosegue dal GP dell&rsquo;Emilia Romagna di Misano Adriatico del 24 ottobre 2021 al Sachsenring sar&agrave; chiamato ad una nuova prova di forza che legittimerebbe ancor di pi&ugrave; la scelta di Ducati nel puntare sul trentunenne di Cervera anzich&eacute; sulla &ldquo;linea verde&rdquo; Jorge Martin-Enea Bastianini-Marco Bezzecchi.  MOTOGP, BAGNAIA, GRESINI, PRAMAC: LE NEWS DELLA SETTIMANA | NOTIZIE SPRINT       

Lo spagnolo ha vinto al Sachsenring consecutivamente dal 2010 al 2021, centrando il successo anche dopo l&rsquo;infortunio del 2020, Martin e Bagnaia i rivali pi&ugrave; pericolosi

MotoGP, Marquez è il King of the Ring: Marc tocca a te, se non ora quando

Max Biaggi, Loris Capirossi, Valentino Rossi, Jorge Lorenzo, questi sono solo alcuni dei nomi che hanno legato le proprie imprese nel motomondiale al marchio di Noale nella ormai defunta 250GP. Che si chiamasse RS250V, RSW250 o RSA250 la base tecnica era la medesima: motore bicilindrico a V di 90&deg;, 249,6cc 2 tempi in grado di erogare nelle sue ultime evoluzioni oltre 105cv il tutto in un contenutissimo peso si 100kg. Le 250GP ancora oggi sono considerate dai piloti che le hanno usate e da moltissimi appassionati le pi&ugrave; belle moto da Gran Premio mai realizzate e tra queste a spiccare su tutte c&rsquo;era la Aprilia RS 250 V.  HONDA RC30: LA STORIA DELLA MOTO CHE CONQUIST&Ograve; LA SBK E LA GENTE  L&rsquo;eredit&agrave; della AF1    La casa di Noale debutt&ograve; nel 1985 con il progetto AF1 250, una moto costruita in un inverno per assecondare le richieste di Michele Verrini che voleva debuttare nel motomondiale con un proprio team. Ivano Beggio allora Patron Aprilia credette subito nell&rsquo;ambizione di Verrini e in poco tempo anche grazie alla partnership con Rotax che forn&igrave; i motori riusc&igrave; a schierare la AF1 in griglia nel motomondiale, affidandola a Loris Reggiani. La moto era molto semplice, un motore Rotax bicilindrico &ldquo;in tandem&rdquo; da circa 75 cv ed un telaio scatolato in alluminio prodotto da Aprilia per un peso di circa 90kg. Nella prima stagione arriv&ograve; subito il podio in Jugoslavia ma per arrivare al successo a Noale dovettero attendere il GP di San Marino 1987 quando Loris Reggiani transit&ograve; per primo sotto la bandiera a scacchi a Misano Adriatico. Per essere pi&ugrave; competitivi per&ograve; serviva ben altro...  MOTOGP, ALEX MARQUEZ: &quot;MARC-GRESINI? SE NON SI DIVERTE, SI RITIRER&Agrave;&quot;  Nata per vincere    Per la stagione 1991 Aprilia fa sul serio ed il nuovo progetto (in mano ormai da un paio di stagioni a Jan Witteween)&nbsp;fu&nbsp;un vero passo avanti a livello tecnico. Il motore, che gi&agrave; nel 1988 era diventato di produzione Aprilia venendo nominato AF/1V passando ad&nbsp;un bicilindrico a V di 90&deg; (bench&egrave; non fosse una V pura, avendo i due alberi controrotanti), nel 1991 riceve un primo importante aggiornamento. Cambia interamente la termica, questo permette anche di rivedere il sistema di raffreddamento, cambia anche l&rsquo;accensione e sostituiti anche i carburatori. Non solo il motore per&ograve; riceve aggiornamenti ma anche il telaio cambia in maniera importante, il doppia trave in alluminio riceve degli innesti in carbonio diventando pi&ugrave; rigido e leggero, migliorando notevolmente rispetto a quello della AF1 precendente del 1990. Il passo avanti &egrave; evidente tanto che con la nuova AF1 centrano subito un successo a testa Pierfrancesco Chili e Loris Reggiani, il primo ad Assen mentre il secondo al Paul Ricard. Nella stessa stagione Aprilia, sempre con la AF1 250 &quot;clienti&quot;, si aggiudica il titolo europeo 250GP grazie ad un giovane ragazzo romano che aveva iniziato a correre solo qualche anno prima: Max Biaggi.    IANNONE PU&Ograve; TORNARE A VINCERE DOPO LA SQUALIFICA? I PRECEDENTI  Continua nella pagina successiva  &nbsp;  La AF1 lascia podi e vittorie alla RS  La AF1 250 continua a vincere anche l&#39;anno successivo, nel 1992, con Loris Reggiani secondo nel mondiale dietro solo a Luca Cadalora, e con la storica prima tripletta sul podio, in quel di Hockenheim con Chili, Biaggi e Reggiani a festeggiare quella che fu un&#39;impresa per la Casa di Noale e la sua 250 (poi replicata a Kyalami all&#39;ultima stagionale con la prima vittoria di Biaggi). E nel 1993, contrariamente a quel che riportano alcune fonti, arriv&ograve; la RS 250 V, evoluzione della AF1, ormai arrivata a fine ciclo. La nuova RS (nome che la collegava ora al nuovo modello 125 stradale arrivato nel 1992)&nbsp; portava in dote una nuova aerodinamica e l&#39;introduzione della valvola parzializzatrice elettronica allo scarico, in luogo di quella a comando pneumatico.  ARRIVA LO SPONSOR CHESTERFIELD   L&#39;inizio di stagione non fu il massimo per la bicilindrica RS, ancora indietro con lo sviluppo ed i primi risultati iniziarono a vedersi da met&agrave; stagione in avanti. In quell&#39;anno debutt&ograve; anche una livrea che segn&ograve; una vera epopea per la Aprilia RS250W. Ad agosto venne siglato l&#39;accordo con la Chesterfield.&nbsp; Nel 1994 arriva una ciclistica aggiornata. La nuova moto fa un balzo avanti importantissimo tanto che Max Biaggi &egrave; in grado di vincere l titolo contro Loris Capirossi e Tadayuki Okada, vincendo sette gare. Nel 1995 arriva il bis:&nbsp;Max Biaggi &egrave; imprendibile in sella alla nerissima Aprilia RS250V ufficiale, conquista 8 successi e 4 podi e si porta a casa il secondo&nbsp;titolo in 250 per lui e per Aprilia che conquister&agrave; anche il titolo costruttori. L&rsquo;anno successivo la storia non cambia, Biaggi &egrave; sempre imprendibile e si porta a casa il titolo nonostante tre ritiri nelle ultime sei gare della stagione. In questi anni Aprilia ha iniziato a differenziale le RS250V ufficiali da quelle che poi vendeva ai clienti, il rebranding ha portato anche un nuovo nome per la moto di Noale che divenne RSW250 per le moto ufficiali e RSW250 LE per i team privati con trattamento semiufficiale.  MOTOGP AUSTRALIA, MARC MARQUEZ: &quot;CASEY STONER ERA UN ANIMALE&quot;  Continua nella pagina successiva  &nbsp;  Fine decennio nel segno di Capirossi e Rossi  La fine degli anni &lsquo;90 porta con s&eacute;&nbsp;un nuovo aggiornamento alla RS250V, il telaio in alluminio diventa pi&ugrave; rifinito, la ciclistica si aggiorna con nuove sospensioni e soprattutto l&rsquo;introduzione delle pinze ad attacco radiale che sostituiscono quelle assiali utilizzate fin qui. La nuova moto vede anche una nuova carena, pi&ugrave; protettiva e che poi sar&agrave; ripresa dalle Aprilia RS125 e RS250 stradali che saranno un successo a livello commerciale fino a met&agrave; degli anni 2000. A portarle in pista nel 1998 ci sono Loris Capirossi e Valentino Rossi che conquisteranno a fine anno il primo ed il secondo posto in campionato vincendo 13 delle 14 gare disputate in quella stagione. Nel 1999 &egrave; il turno di Valentino Rossi laurearsi campione del mondo 250GP con Aprilia che conquister&agrave; nuovamente anche il titolo costruttori.    I primi anni 2000 e l&rsquo;ultima evoluzione della RSW250  Il nuovo millennio si apre con Aprilia che deve cedere il passo alle case giapponesi che con Olivier Jacque su Yamaha prima ed il compianto Daijiro Kato su Honda poi si prendono i titoli 2000 e 2001. Per tornare al successo Aprilia dovr&agrave; aspettare il 2002 dove per&ograve; riusc&igrave; ad aggiudicarsi non solo il titolo piloti e costruttori nella 250 con Marco Melandri ma anche nella 125 con Arnaud Vincent. Fu una stagione memorabile per le 2t di Aprilia che si portarono a casa 4 titoli iridati ma soprattutto 14 successi su 16 gare sia in 125 che in 250. La supremazia del progetto RSW venne confermato anche nel 2003 quando sulla moto ufficiale della casa di Noale sal&igrave; Manuel Poggiali, nonostante il sanmarinese fosse al debutto nella quarto di litro riusc&igrave; subito a conquistare l&rsquo;alloro con Aprilia che nuovamente si impose in 14 delle 16 gare stagionali grazie anche ai successi di Fonsi Nieto, Toni Elias e Randy de Puniet.    SBK 2024: COSA CAMBIER&Agrave; DAVVERO COL NUOVO REGOLAMENTO TECNICO?  Continua nella pagina successiva  &nbsp;  L&rsquo;arrivo della RSA250 e la fine del sogno  Nel 2007 debutta l&rsquo;ultima versione della duemezzo di Noale che porta la sigla si RSA250, affidata a Jorge Lorenzo che aveva gi&agrave; conquistato il titolo nel 2006 con 8 vittorie e 3 podi contro Andrea Dovizioso. La nuova moto non fu una rivoluzione, sebbene le modifiche con la RSW erano notevoli, ma un importante miglioramento ad adeguamento alle tecnologie che ormai stavano debuttando nel motomondiale. La RSA250 vanta una nuova aspirazione, pi&ugrave; efficace, oltre ad una nuova termica ed una nuova disposizione del cambio. Il nuovo motore aveva oltre che pi&ugrave; potenza, anche un regime di rotazione utile migliore e pi&ugrave; ampio che andava dai 6.000 giri/min ai 13.500 giri/min. Anche la ciclistica viene aggiornata: la nuova moto ha un telaio pi&ugrave; corto permettendo cos&igrave; di utilizzare un forcellone pi&ugrave; lungo in grado di migliorare sensibilmente la trazione, venne implementata anche l&rsquo;elettronica con l&rsquo;introduzione di tre accelerometri, utili a gestire la potenza ormai superiore ai 105cv del bicilindrico di Noale, soprattutto in condizioni di scarsa aderenza. La RSA permise a Jorge Lorenzo di conquistare il suo secondo titolo in 250 vincendo 9 gare e salendo sul podio in tre occasioni. La casa di Noale conquist&ograve; l&rsquo;ennesimo titolo costruttori grazie anche ai successi di Alvaro Bautista, nel frattempo passato in 250 dopo il titolo conquistato nel 2006 in 125. Proprio nella stagione 2007 Aprilia raggiunge il traguardo delle 125 gare vinte in 250.  MONDIALE CON IL &quot;SIC&quot;    Nel frattempo l&rsquo;acquisizione di Aprilia da parte del Gruppo Piaggio ha permesso il debutto o meglio il ritorno di marchi come Gilera e Derbi nel motomondiale, le moto erano come avviene oggi con KTM ed i brand del gruppo in Moto3, identiche alla RSW250 marchiata Aprilia. Nel 2008 da met&agrave; stagione Marco Simoncelli gi&agrave; leader di campionato con la Gilera RSW250 ricevette la RSA per il finale di stagione nel quale conquist&ograve; il titolo piloti a Sepang. Nel 2009 ultima stagione nel motomondiale delle quarto di litro, il Sic non riusc&igrave; a confermarsi ed il titolo piloti and&ograve; ad Hiroshi Aoyama ma Aprilia conquist&ograve; comunque il titolo case.  La storia della RS250V e delle sue evoluzioni termina, insieme a quella della classe 250, l&rsquo;8 novembre 2009 a Valencia con la vittoria di Hector Barbera davanti ad Alvaro Bautista entrambi su Aprilia. La casa di Noale con la sua quarto di litro tra il 1993 ed il 2009 ha collezionato ben 150 vittorie in 290 Gran Premi, monopolizzando in diverse occasioni tutto il podio e conquistando 18 titoli tra piloti e costruttori facendo della RS250V la moto pi&ugrave; vincente degli ultimi 20 anni della classe pi&ugrave; amata di sempre.   

Con questa quarto di litro la Casa di Noale ha fatto incetta di titoli tra piloti e costruttori dal 1993 anno del debutto al 2009 ultimo anno prima delle Moto2

Aprilia RS 250 V, la classe media che vola(va) alto

Il dominio di Pecco Bagnaia e della Ducati in casa della KTM manda in archivio la prima met&agrave; della stagione MotoGP: il campione del Mondo ha vinto nove delle 20 gare, e con la doppietta del Red Bull Ring &ndash; conducendo dal primo all&rsquo;ultimo metro sia sabato che domenica, prima di festeggiare con il mentore Valentino Rossi a bordo pista &ndash; ha rafforzato il primato in classifica. Soltanto Brad Binder ha sorriso tra i rivali, con una solida doppia seconda posizione. Jorge Martin invece ha perso punti, complice lo strike al via della Sprint che ha coinvolto sei piloti, tra cui Marco Bezzecchi, bravo a rifarsi con il terzo posto nel GP domenicale.&nbsp;  Clicca QUI per scoprire&nbsp;la classifica piloti aggiornata  Successi in Moto2  Il weekend d&rsquo;oro per il Piemonte si &egrave; completato con Celestino Vietti Ramus, vincitore della Moto2, spezzando un digiuno lungo pi&ugrave; di un anno: regalando il primo successo alla Fantic nel Motomondiale (anche se con telaio Kalex), Vietti ha guastato la festa a Pedro Acosta, uomo KTM che guida il campionato grazie anche al secondo posto in Austria. L&rsquo;Italia ha festeggiato la doppietta di Mattia Casadei in MotoE, dove i nostri piloti hanno monopolizzato il podio di Gara 2 con Matteo Ferrari e Kevin Zannoni.&nbsp;  Il fine settimana della MotoGP &egrave; stato per&ograve; funestato dalla notizia della scomparsa di Roberto Colaninno, presidente del Gruppo Piaggio, proprietario dell&rsquo;Aprilia. Sotto la gestione ventennale di Colaninno, il Gruppo ha vinto 32 titoli mondiali, 28 dei quali con l&rsquo;Aprilia, arrivando a prevalere anche in Superbike con Max Biaggi, tre con la Derbi (compreso il primo alloro di Marc Marquez) e uno con la Gilera, con Marco Simoncelli.&nbsp;  Il Red Bull Ring &egrave; stato un weekend determinante anche per il mercato, con le scelte di Marco Bezzecchi e Johann Zarco: il riminese ha giurato fedelt&agrave; al team di Valentino Rossi, dove guider&agrave; una Ducati GP23, il francese andr&agrave; alla Honda di Lucio Cecchinello, liberando cos&igrave; una Ducati GP24 nel Team Pramac per Franco Morbidelli. Restano i nodi legati alla KTM, con cinque piloti sotto contratto per quattro posti vista la promozione di Acosta: la Dorna, infatti, continua a negare agli austriaci l&rsquo;approdo a sei moto.&nbsp;    Adamo rafforza la sua leadership, Febvre incontenibile  Nel mondiale Cross, la quartultima prova stagionale, in Olanda, ha rafforzato le ambizioni di Andrea Adamo, che rimane leader della MX2. Nella classe regina, la MXGP, Romain Febvre ha vinto il sesto GP negli ultimi sette, tuttavia Jorge Prado, con la GASGAS del Team De Carli, mantiene il primato nel Mondiale. 

Come ogni settimana, arriva la Sprintletter per aggiornarti su tutte le novit&agrave; del mondo delle due ruote. Questa settimana &egrave; il turno del GP d&#39;Austria!&nbsp;

Toro Rosso | Sprintletter

        Lutto nel mondo del motociclismo e dell&rsquo;economia italiana. &Egrave; morto Roberto Colaninno, uno dei principali protagonisti della nostra industria negli ultimi decenni. Aveva 80 anni, compiuti pochi giorni fa (16 agosto). Roberto Colannino, un gigante dell'industria  L&rsquo;imprenditore nativo di Mantova viene ricordato per la sua carriera, iniziata nel 1969 alla&nbsp;Fiaam, azienda che produceva componenti per auto. Da quel momento, per Colaninno fu una continua ascesa: Olivetti, Telecom e poi Piaggio, di cui divenne Presidente nel 2003. Sotto la sua guida, il Gruppo che comprende anche i marchi Vespa, Gilera, Scarabeo, Aprilia, Moto Guzzi, Derbi, Ape e Piaggio Veicoli Commerciali ha avuto una crescita esponenziale a livello commerciale in ogni angolo del mondo, cogliendo anche diversi successi in ambito sportivo, non ultimi quelli conquistati dalla Casa di Noale, tornata in MotoGP nel 2016 sotto la sua guida. Colaninno guid&ograve; il Gruppo Piaggio al trionfo nella classe 125 (Bautista, Talmacsi, Simon e Terol) e in 250 (Poggiali e due volte Jorge Lorenzo), cogliendo una corona iridata anche con Marco Simoncelli, vincitore nel 2008 del titolo piloti classe 250 con la Gilera. Senza dimenticare Marc Marquez, che nel 2010 vinse in 125 in sella alla Derbi, marchio titolato anche nel 2008, con Mike Di Meglio, ancora nella ottavo di litro. Indimenticabili i tre titoli iridati tra il 2010 e il 2014 in SBK grazie a Max Biaggi (2010, 2012) e Sylvain Guintoli (2014). Sposato, lascia due figli, entrambi imprenditori: il primogenito Matteo, impegnato in politica prima col PD e poi con Italia Viva, e il secondogenito Michele, amministratore delegato e direttore generale di IMMSI, la finanziaria di famiglia. Alla famiglia Colaninno vanno le condoglianze della redazione di Motosprint. Motociclismo in lutto: &egrave; morto Mirko Giansanti &nbsp;       

Si &egrave; spento uno dei grandi protagonisti dell'economia italiana: rilanci&ograve; il Gruppo Piaggio

È morto Roberto Colaninno: aveva 80 anni

        In occasione dei Caschi d'oro 2022, il tanto atteso evento targato Motosprint, Manuel Poggiali &egrave; stato premiato alla carriera. Il due volte campione del mondo, nel 2001 in 125 e nel 2003 in 250 ha concluso prematuramente la sua carriera da pilota, avendo disputato "solo" dieci stagioni. Poggiali fece il suo debutto in 125 nel 1998, mentre il podio arriv&ograve; nel 2000 in sella alla Derbi. L'anno successivo il sanmarinese sbocci&ograve; definitivamente e con dieci podi e tre vittorie si port&ograve; a casa il titolo della classe minore ai danni di Yoichi Ui. Nel 2002 Poggiali rest&ograve; in 125, non riuscendo per&ograve; a bissare il successo iridato, fermandosi a 19 punti da Arnaud Vincent, precedendo di nove lunghezze un giovanissimo Daniel Pedrosa. Nel 2003 Poggiali esord&igrave; nella classe intermedia del motomondiale, riuscendo a vincere subito sebbene fosse un rookie, e con quattro vittorie all'attivo ebbe la meglio su Roberto Rolfo e Toni Elias. Manuel Poggiali: "Non cambierei nulla nella mia carriera"  Il sanmarinese ha sottolineato l'importanza e l'emozione nel ricevere il premio e nell'essere presente all'evento targato Motosprint: "Essere qui oggi &egrave; un onore, oltre che un motivo d'orgoglio, vuol dire che in passato &egrave; stato fatto qualcosa di importante. Quando ho iniziato la mia carriera non pensavo di vincere un titolo n&egrave; tantomeno di replicarlo e di fare degli anni importanti. Sono orgoglioso e contento. Tutti i volti che vedo qui ai Caschi D'oro, sia dal vivo che raffigurati, sono importantissimi, &egrave; bello essere presente.&nbsp;Forse l'unico che non vedo e che avrebbe meritato di essere qui presente &egrave; Marco Simoncelli".&nbsp; Dopo aver omaggiato il "SIC", Poggiali si &egrave; soffermato sulla sua nuova vita da coach, essendo dal 2019 riders coach per il Team Gresini: "Mi piace il ruolo di coach dei piloti, &egrave; un ruolo che va gestito, dev'essere un supporto al pilota stesso e ai tecnici. Tutto questo mi d&agrave; forza ed emozioni belle. Il consiglio che voglio dare ai ragazzi &egrave; quello di credere nei loro sogni e di non mollare mai. Per tutti c'&egrave; un momento in cui si tocca il fondo ed &egrave; difficile risalire, ma la spinta pi&ugrave; forte viene da se stessi e dai propri obiettivi, da quello che si vuole aggiungere". Infine, il due volte campione del mondo ha voluto esprimere un'ultima considerazione sul suo percorso sportivo: "Per quanto mi riguarda, durante il mio percorso sono cambiate alcune priorit&agrave;, questo ha modificato un po' gli equilibri e mi ha fatto chiudere anticipatamente la mia carriera. Per&ograve; tornassi indietro, rifarei tutto". Guarda l'intervista completa qui -&nbsp;Manuel Poggiali: "Simoncelli avrebbe meritato di essere qui" IL VIDEO        

Il due volte campione del mondo ha sottolineato l'importanza di ricevere il meritato premio, focalizzandosi anche sul suo attuale ruolo da riders coach

Manuel Poggiali, l'intervista ai Caschi d'oro 2022

        Nell'immaginario collettivo sono le vittorie dei Gran Premi e dei titoli mondiali a restare impressi nella mente di appassionati e amanti delle statistiche. Tuttavia sono i podi a indicarci la longevit&agrave; e la continuit&agrave; dei risultati, e anche in questa speciale classifica le due nazioni dominanti sono Italia e Spagna. La top-5 dei piloti con pi&ugrave; podi (se considerate tutte le classi) vede infatti prevalere due italiani e tre spagnoli. Per trovare un pilota con una nazionalit&agrave; diversa bisogna scendere al settimo ed al sesto posto, caselle occupate rispettivamente dagli inglese Mike Hailwood e Phil Read, con 112 e 121 podi complessivi. Da segnalare inoltre, la decima posizione di Andrea Dovizioso, con 103 podi, di cui 62 in MotoGP. 5) Marc Marquez e Angel Nieto - 139 podi ciascuno La quinta casella &egrave; occupata da Marc Marquez e Angel Nieto, a pari merito con 139 podi. Grazie a 14 podi in 125, 25 in Moto2 e 100 in MotoGP, l'otto volte iridato entra di diritto nella top-5 esclusiva; con il secondo posto conquistato nel GP di Phillip Island alle spalle di Alex Rins, Marquez ha raggiunto Angel Nieto, che in virt&ugrave; di 85 podi in 125, 52 in classe 50 e 2 nella classe 80, stanziava stabilmente in quinta posizione. Gi&agrave; nella prossima stagione Marquez potr&agrave; scalare una classifica alla sua portata, potendosi avvicinare addirittura alla piazza d'onore. Il primo podio del pilota di Cervera risale al 2008, durante il GP di Donington, in 125.  Passa alla prossima scheda &nbsp; 4) Jorge Lorenzo - 152 podi Le 18 stagioni di carriera del maiorchino, tutte trascorse al massimo livello, ne fanno il quarto pilota pilota con pi&ugrave; podi all'attivo tra tutte le classi. Il primo piazzamento tra i primi tre arriv&ograve; nel 2003, quando alla seconda stagione in 125, Lorenzo conquist&ograve; la vittoria nel GP del Brasile in sella alla Derbi. L'ultimo podio avvenne invece nel 2018, curiosamente ancora una volta tramite una vittoria, nel GP d'Austria in sella alla Ducati. I numeri complessivi di Lorenzo vedono lo spagnolo a quota 152 podi, di cui 9 in 125, 29 in 250 e ben 114 in MotoGP.  3) Daniel Pedrosa - 153 podi Con appena un podio in pi&ugrave;, Dani Pedrosa si piazza al terzo posto di questa speciale classifica, appena sopra uno dei rivali storici. I podi del tre volte campione del mondo sono 153, frutto di 17 piazzamenti in 125, 24 in 250 e 112 in classe regina. Gi&agrave; nella sua stagione da rookie nel motomondiale, nel 2001 in 125, Pedrosa riusc&igrave; a cogliere il primo podio di carriera, grazie al terzo posto nel GP di Valencia. Casualmente, l'ultimo podio della longeva carriera di Pedrosa arriv&ograve; proprio a Valencia, nel 2017 grazie a quella che coincise anche con l'ultima vittoria.  Passa alla prossima scheda &nbsp; 2) Giacomo Agostini - 159 podi Non poteva mancare il 15 volte campione del mondo, presente nelle zone di vertice di tutte le classifiche pi&ugrave; importanti della storia delle corse su due ruote. In virt&ugrave; di 71 podi in 350 e 88 in 500, per un totale di 159, "Ago" occupa la piazza d'onore nella classifica all-time. Il primo podio del leggendario pilota italiano arriv&ograve; nel 1965, in 350, con la vittoria del GP di Germania. Agostini conquist&ograve; l'ultimo podio di una irripetibile carriera nel 1977, grazie al secondo posto del GP di Brno.  Passa alla prossima scheda &nbsp; 1) Valentino Rossi - 235 podi Il nove volte iridato &egrave; il leader indiscusso della classifica dei piloti con pi&ugrave; podi della storia. Rossi primeggia dal'alto dei suoi 235 piazzamenti, frutto di 15 podi in 125, 21 in 250 e 199 in classe regina (500 e MotoGP). La lunghissima carriera avuta e una longevit&agrave; competitiva senza precedenti fanno s&igrave; che Rossi sia saldamente in testa, con ben 76 lunghezze in pi&ugrave; rispetto a Giacomo Agostini. Rossi sal&igrave; per la prima volta sul podio nel suo anno da rookie nel motomondiale, nel 1996 in 125, grazie al terzo posto conquistato nel GP d'Austria. L'ultimo squillo del "dottore" fu a Jerez, nel 2020, in virt&ugrave; di un terzo posto alle spalle di Fabio Quartararo e Maverick Vinales        

Con 235 podi un italiano svetta su tutti mentre Marc Marquez si prepara alla scalata verso il vertice

MotoGP: Italia e Spagna dominano nella classifica all-time dei podi

        Il Gran Premio del Giappone, oltre ad aver avuto tre vincitori diversi, ha portato con s&eacute; anche delle curiosit&agrave; statistiche, perci&ograve; che riguarda sia la Middle Class che la Moto3, sempre in salsa nipponica. Ai ed Ayumu per&ograve; hanno anche degli illustri predecessori, che si contano sulle dita di una mano, che hanno trionfato prima di loro in 125 e 250 Da Hiroshi&hellip;  &nbsp; L&rsquo;ultimo pilota giapponese a vincere il Gran Premio del Giappone per la classe 250/Moto2 &egrave; stato Hiroshi Aoyama, ultimo campione della 250 prima che cedesse il posto alla Moto2 nel 2010, nel 2006 con la KTM davanti ad Alex De Angelis e Jorge Lorenzo bissando il successo dell&rsquo;anno precedente con la Honda del team Telefonica Movistar (era compagno di box di Dani Pedrosa) a precedere il compagno di box Pedrosa e Casey Stoner. Chiuder&agrave; sia il 2005 che il 2006 in quarta posizione. &hellip;ad Ai   Dopo anni di bocconi amari, il Giappone ha trovato il suo nuovo eroe della Middle Class in Ai Ogura, pilota del team Idemitsu Honda Asia promesso sposo alla MotoGP per il 2024 e gi&agrave; vincitore in Spagna ed Austria, che domenica ha riportato la bandiera del Sol Levante al primo gradino del podio dopo 16 anni da Aoyama. E cosa lega Aoyama ad Ogura? Hiroshi &egrave; nientemeno che il team manager di Ai&hellip; &nbsp; Ayumu Sasaki fa la storia  &nbsp; Un pezzo di storia lo scrive anche il pilota del Max Racing Team, gi&agrave; vincitore di due gare quest'anno oltre ad altri 4 podi prima di domenica. Il podio alle spalle di Guevara e Foggia rappresenta il primo podio assoluto di un pilota giapponese in Moto3, risultato sfiorato per ben due volte dal suo connazionale Tatsuki Suzuki, due volte quarto nel 2017 e 2019. &nbsp; Quali sono gli altri piloti nipponici ad aver vinto la gara di casa in 250/Moto2 e 125/Moto3? Osamu Myazaki  &nbsp; Prima di Ogura ed Aoyama l&rsquo;ultimo vincitore della gara di casa &egrave; stata la wild card Yamaha Osamu Myazaki a Suzuka nel 2002 con la Honda del team Endurancedavanti al connazionale Daisaku Sakai e a Randy De Puniet. Basti pensare che sono passati tre anni dalla vittoria di Myazaki alla doppietta di Aoyama 2005-2006 e ben 16 dalla vittoria di Aoyama a quella di Ogura, in mezzo una moria di pilotia giapponesi competitivi nella classe di mezzo del Motomondiale Daijiro Kato  &nbsp; Chi per&ograve; ha vinto pi&ugrave; di tutti la gara di casa &egrave; stato l&rsquo;indimenticato #74 con ben 4 successi a Suzuka nel 1997-98-00-01. Il primo successo arriva nel 1997 in un poker tutto giapponese con Ukawa secondo, Harada terzo e Tsujimura in quarta posizione. Nel 1998 ancora un poker nipponico a Suzuka: Kato-Nakano-Matsudo-Harada, nel 2000 il terzo successo di Daijiro con i connazionali Ukawa e Nakano ad accompagnarlo sul podio mentre nel 2001 la quarta ed ultima affermazione davanti ad Harada e Locatelli nell'anno che lo porter&agrave; all'unico Mondiale in carriera. Harada, Okada e Nakano  &nbsp; Un successo a testa tra Suzuka e Motegi per altri tre grandi piloti nipponici: Tetsuya nel 1993, anno della sua ascesa al trono della 250 davanti ad Okada e all'indimenticabile Romboni, Tadayuki nel 1994 con la Honda davanti a Capirossi ed Ukawa e Shin&rsquo;ya nel 1999, primo anno con la Yamaha Tech3 e prima volta assoluta a Motegi per il Motomondiale, davanti ad Ukawa e Capirossi.&nbsp; &nbsp; Per trovare invece un pilota nipponico vincente nella classe leggera bisogna tornare indietro ai tempi di Ueda, Azuma e Tokudome Masao Azuma  &nbsp; Per trovare l&rsquo;ultimo giapponese a trionfare in patria nella classe 125 bisogna tornare indietro al 2001 con Masao Azuma e la Honda davanti al connazionale Ui sulla Derbi. Azuma conta 2 vittorie in casa, la prima nel 1999 a Motegi davanti al connazinale Nakajo e ad Alzamora, nell'anno del titolo dello spagnolo. La seconda vittoria di Azuma &egrave; del 2001 a Suzuka con la Honda davanti al connazionale Ui sulla Derbi ed al nostro Simone Sanna con l'Aprilia. Noboru Ueda  &nbsp; Parimerito con Azuma per numero di vittorie in patria, &ldquo;Nobby&rdquo; ha trionfato nel 1991 da esordiente nel Motomondiale con la Honda davanti a Gresini e Capirossi firmando prima la pole e poi il giro veloce in gara e nel 1997 con un poker tutto nipponico: Ueda (Honda Pileri)-Sakata (Aprilia UGT3000)-Nakajo (Honda Jha Racing)-Azuma (Honda LB Racing) Ui, Sakata, Tokudome, Aoki, Tsujimura  &nbsp; Un trionfo a testa in casa anche per Ui (2000), Sakata (1998), Tokudome (1996), Aoki (1995) e Tsujimura (1994). Podio tutto giapponese per l'unica vittoria in casa di Ui nel 2000 davanti alle Honda di Ueda ed Azuma, podio tutto giapponese anche nel 1998 con la vittoria di Sakata a precedere Manako ed Azuma, poker invece nel 1996 con Tokudome-Aoki-Ueda-Manako, particolare la gara del 1995 vinta da Aoki con 6 giapponesi nelle prime sei posizioni: Aoki-Saito-Sakata-Nakajo-Ibaraki-Kato. Anche nel 1994 ci fu un podio All Japan con Tsujimura davanti a Sakata e Nakajo.       

Il pilota della Moto2 ha vinto la gara di casa 16 anni dopo il suo attuale team manager mentre Ayumu Sasaki &egrave; salito per la prima volta sul podio nella classe Moto3

Ai Ogura ed Ayumu Sasaki: il Giappone può sognare di nuovo

        Dedico questa puntata di Polvere di Stelle a un evento storico: la prima vittoria dell&rsquo;Aprilia in MotoGP. La cronaca e i commenti di questo straordinario successo, ottenuto non per caso, ma d&rsquo;autorit&agrave;, li avete gi&agrave; letti su Motosprint, e per quanto mi riguarda posso soltanto esprimere le mie sincerissime congratulazioni ai tre personaggi che l&rsquo;hanno costruito passo dopo passo con competenza, seriet&agrave;, abilit&agrave; e coraggio: Romano Albesiano, tecnico sopraffino, Aleix Espargar&oacute;, pilota velocissimo e temerario, e Massimo Rivola, mio concittadino, amministratore delegato di Aprilia Racing dalle formidabili capacit&agrave; umane e organizzative. Polvere di Stelle: Greeves l'innovatore &nbsp; La "prima" di Reggiani  Ma questa rubrica si occupa del passato, e non &egrave; concesso il fuori tema. Ci&ograve; non significa comunque che anche su Polvere di Stelle non sia possibile celebrare adeguatamente la grande impresa dell&rsquo;Aprilia, ricordando come questa sia soltanto la pi&ugrave; importante e difficile da quando la Casa veneta ha avuto l&rsquo;audacia di scendere in campo contro i potentissimi e finanziatissimi reparti corse giapponesi nel Motomondiale. Cominciamo dunque dalla prima vittoria iridata dell&rsquo;Aprilia, avvenuta nel lontano 1987 a Misano. Era il 30 agosto e al Santamonica si disputava il GP San Marino, dodicesima prova del Mondiale. Loris Reggiani con l&rsquo;Aprilia 250 partiva con il terzo tempo in prova, a 15 centesimi dal poleman, Luca Cadalora su Yamaha ufficiale. Il team era diretto da Michele Verrini, giornalista, uomo di marketing, ex corridore in Fuoristrada, con precedenti esperienze di direttore sportivo, ma soprattutto appassionatissimo di corse, amico e grande estimatore di Reggiani. Verrini aveva convinto due anni prima Ivano Beggio, titolare dell&rsquo;Aprilia, a scendere in campo finanziando una squadra con sede a Forlimpopoli, la citt&agrave; del pilota, e composta da meccanici di talento non dipendenti da Noale. Nel 1985, l&rsquo;anno del debutto, due podi, al terzo posto, avevano confermato l&rsquo;ottima impostazione e il valore tecnico e agonistico di questa piccola compagine, ma l&rsquo;anno dopo la competitivit&agrave; sembrava svanita. Ampiamente rivista, l&rsquo;Aprilia 250 in versione 1987 aveva per&ograve; dimostrato subito di averla del tutto recuperata: tre volte secondo, in Austria, Jugoslavia e Inghilterra, Reggiani aveva acceso l&rsquo;entusiasmo di tantissimi appassionati ed era chiamato a dare il massimo sul circuito della sua Romagna. &ldquo;Sapevo di poter contare sulla moto &ndash; racconta oggi Reggiani &ndash; perch&eacute; avevamo lavorato molto sul motore, ma soprattutto sulla ciclistica, che non soltanto era stabilissima, ma mi permetteva di frenare pi&ugrave; avanti di Honda e Yamaha. In gara partii terzo, ma gi&agrave; alla staccata del Carro passai in testa e da quel momento allungai con una progressione di mezzo secondo al giro, tanto che dopo poco non avevo pi&ugrave; inseguitori. Nelle ultime tornate &ndash; temendo che si ripetessero le brutte sorprese di cui spesso ero rimasto vittima nelle gare precedenti &ndash; ridussi il ritmo, ma il motore non fece scherzi e tagliai il traguardo con otto secondi di vantaggio su Cadalora che, partito fra gli ultimi per un ingolfamento della sua Yamaha, aveva rimontato fino al secondo posto. Ricordo che, appena passato il traguardo, la mia gioia esplose con un urlo dentro il casco che probabilmente fu udito anche sulle tribune&rdquo;. &nbsp; Gramigni in 125   La squadra della prima vittoria iridata dell&rsquo;Aprilia era composta da Reggiani, dal ds Michele Verrini, dai meccanici Benito Savoia, Piero Pedone, Lindo Sbaraglia, dal cuoco Loris Montanari e dal motorista olandese Dolph van der Woude. Nella classe 250, l&rsquo;Aprilia ha poi vinto 18 titoli iridati: nove allori tra i piloti (tra loro Max Biaggi, Loris Capirossi, Valentino Rossi e Jorge Lorenzo) e nove tra i costruttori. Dopo l&rsquo;affermazione della sua 250, l&rsquo;Aprilia si impegn&ograve; anche nel Mondiale della classe 125 e anche qui dimostr&ograve; di non temere il confronto con Honda, JJ Cobas e Derbi, le Case che dal 1988, primo anno della nuova formula &ldquo;monocilindrica&rdquo;, si contendevano le vittorie nei Gran Premi. Proprio nel 1988, con Corrado Catalano, l&rsquo;Aprilia 125 ottenne il primo podio, al terzo posto del GP Francia. Un altro podio (ancora terzo) lo guadagn&ograve; Fausto Gresini nel GP Nazioni 1989 a Misano. Un decisivo passo in avanti fu compiuto da Alessandro Gramigni nel 1990, quando si piazz&ograve; secondo in Svezia e terzo in Cecoslovacchia, e il suo impegno fu premiato l&rsquo;anno dopo. Quando entr&ograve; nell&rsquo;albo d&rsquo;oro Aprilia come primo vincitore di un GP iridato della classe 125. Il GP Cecoslovacchia 1991 si disput&ograve; il 25 agosto a Brno: la squadra Aprilia, coordinata dall&rsquo;ex pilota Pierluigi Aldrovandi, schierava Gramigni e Gabriele Debbia. Entrambi velocissimi, avevano ottenuto in prova il quinto e il quarto tempo, preceduti nell&rsquo;ordine da Capirossi su Honda, Peter &Ouml;ttl (BakkerRotax) e Kazuto Sakata (Honda). &ldquo;Sentivo di poter fare qualcosa di buono &ndash; dichiar&ograve; Gramigni a Motosprint al termine della corsa vittoriosa &ndash; poi, quando ho visto che riuscivo a stare l&igrave; con i primi, ho pensato che me la sarei giocata fino all&rsquo;ultimo. C&rsquo;era Sakata che esagerava e gli ho fatto anche segno di darsi una calmata, ma evidentemente non lo ha capito, perch&eacute; poco dopo &egrave; caduto. Io dapprima ho deciso di stare tranquillo, ma poi ho aumentato il ritmo e sono riuscito a prendere un po&rsquo; di vantaggio. Non mi sono mai girato fino alla fine, e quando ho capito di avercela fatta non ci credevo&hellip;&rdquo;. Alle spalle di Gramigni si piazz&ograve; Capirossi, che conquist&ograve; il suo secondo titolo mondiale, e terzo fu Debbia, a soli due secondi dal compagno di squadra. Alessandro Gramigni fu anche, nel 1992, il primo campione del Mondo in sella all&rsquo;Aprilia. La ottavo di litro veneta conquist&ograve; in questa classe 20 titoli: dieci per piloti e dieci per costruttori. &nbsp; 500-MotoGP  L&rsquo;Aprilia a partire dal 1994 tent&ograve; anche la scalata alla classe 500, fino al 2001 classe regina del Motomondiale. Seguendo il progetto dell&rsquo;ingegner Jan Witteveen, partecip&ograve; con una bicilindrica derivata dalla 250 e portata in pi&ugrave; fasi alla cilindrata piena di mezzo litro. Puntava sulle maggiori doti di leggerezza e maneggevolezza rispetto alle quattro cilindri, ma non centr&ograve; l&rsquo;obiettivo pur avvicinandosi ripetutamente. Il primo podio fu raggiunto da Doriano Romboni con il terzo posto nel GP Olanda 1997, lo stesso risultato lo ottenne nel 1999 Tetsuya Harada in Francia e in Inghilterra, imitato l&rsquo;anno dopo da Jeremy McWilliams, terzo in Italia e ancora in Inghilterra. Poi venne la MotoGP e l&rsquo;Aprilia scese subito in campo con la RS3 Cube, una sofisticata tre cilindri che non riusc&igrave; mai a stabilire un accordo fra motore e ciclistica, risolvendosi in un nulla di fatto che port&ograve; la Casa veneta a ritirarsi alla fine del 2004. Il ritorno nel 2015 con la RS-GP V4 &egrave; culminato con la vittoria nel GP Argentina 2022. Polvere di Stelle: la dinastia Caldarella       

Il trionfo in MotoGP in Argentina ha ricordato altre imprese con cui la Casa ruppe il ghiaccio: dal successo di Reggiani a Misano al titolo di Gramigni

Polvere di Stelle: le prime volte dell'Aprilia

        L&rsquo;Aprilia RSA rappresentava lo stato dell&rsquo;arte della tecnologia applicata ai motori due tempi. Schierata nel mondiale con le livree di Gilera, Derbi e ovviamente Aprilia, costituiva al tempo l&rsquo;oggetto del desiderio di tutti i piloti &ldquo;privati&rdquo;. Marco Simoncelli se la guadagn&ograve; a suon di vittorie e di prestazioni esaltanti in sella alla versione LE con cui aveva iniziato il mondiale 2008. Una volta arrivato in vetta alla classifica, ricevette come premio l&rsquo;agognata RSA, proprio quella che ho potuto testare. Prove Amarcord: la Ducati 1098R F08 di Troy Bayliss &nbsp; Le caratteristiche tecniche   L&rsquo;impostazione generale della RSA non si discostava dalla versione clienti LE: telaio in alluminio a doppio trave con forcellone in carbonio e motore bicilindrico a V. In effetti si trattava di una evoluzione e non di una rivoluzione. La RSA era nata principalmente con l&rsquo;intento di garantire maggiore trazione in uscita di curva oltre a fornire qualche cavallo in pi&ugrave; ed una curva di coppia pi&ugrave; fruibile&hellip; &ldquo;optional&rdquo; sempre molto graditi ai piloti. L&rsquo;obiettivo dei tecnici quindi era chiaro: realizzare un veicolo che avesse lo stesso interasse del suo predecessore, se non addirittura pi&ugrave; corto per mantenere invariate le caratteristiche di agilit&agrave;, possibilmente anche la stessa distribuzione di pesi, ma che disponesse di un forcellone pi&ugrave; lungo in modo da garantire maggiore trazione in uscita di curva. Per ottenere questo obiettivo era obbligatorio lavorare sul gruppo motore cambio in modo da ridurne l&rsquo;ingombro longitudinale e cos&igrave; &egrave; stato fatto. Il motore poteva essere idealizzato come due unit&agrave; monocilindriche da 125 cm3 con ammissione a disco rotante disposte con una inclinazione reciproca di 90&deg; con alberi controrotanti. Le due &ldquo;termiche&rdquo; erano praticamente indipendenti e si &ldquo;autoequilibravano&rdquo; grazie agli alberi motori che ingranavano uno sull&rsquo;altro. Il nuovo motore era montato ruotato, in pratica il pistone &ldquo;guardava in basso&rdquo;, e risultava traslato leggermente in avanti. In pi&ugrave; i due alberi del cambio (ovviamente estraibili per variare i rapporti in qualsiasi momento) non erano allineati su un piano orizzontale ma erano ruotati. Il cambio prendeva il moto dall&rsquo;albero del pistone anteriore ed era posizionato sotto il pistone posteriore: in questo modo gli ingombri longitudinali vennero ulteriormente ridotti senza stravolgere la distribuzione dei pesi. L&rsquo;alimentazione era gestita da due enormi carburatori Dell&rsquo;Orto VHSG 42 dotati di tecnologia Power Jet che garantiva una perfetta carburazione con regolazioni fini anche ai medi e massimi regimi; come ogni due tempi il motore veniva alimentato a miscela: benzina Agip con miscela di olio al 4,5%. Il lavaggio e il riempimento delle camere di scoppio veniva coadiuvato dal lavoro delle valvole di contropressione presenti allo scarico gestite dalla centralina elettronica al pari dell&rsquo;accensione. Lo scarico in titanio con i silenziatori in carbonio contribuiva alla prestazione ed era regolabile nella lunghezza dei condotti, lunghezza che viene variata di pochi mm alla ricerca della massima performance. Una leggera sovrapressione all&rsquo;aspirazione veniva garantita dall&rsquo;enorme airbox, ovviamente in carbonio, che occupava tutto lo spazio disponibile sotto la carena di destra. L&rsquo;accensione era il parametro utilizzato dalla centralina quanto operava da traction control; i dati forniti dall&rsquo;acquisizione, in particolare quelli provenienti dalla piattaforma inerziale che forniva le accelerazioni e gli angoli di Eulero della moto (Yaw, Pitch e Roll) nonch&eacute; la velocit&agrave; di rotazione delle due ruote, venivano utilizzati per limitare la potenza erogata variando i gradi di anticipo dell&rsquo;accensione delle candele. La soglia di intervento del TC veniva gestita dal pilota con due pulsanti sul semimanubrio sinistro. Il sistema funzionava anche da antiwheeling, opzione che veniva sistematicamente disattivata in partenza quando era il pilota che autonomamente gestiva tutta la potenza e l&rsquo;eventuale impennata. &nbsp; Ha sempre bisogno di "attenzioni"  Il motore veniva definito dai meccanici &ldquo;un bambino piccolo&rdquo; bisognoso di attenzioni continue ed in effetti cos&igrave; era: dopo ogni turno in pista le termiche venivano aperte per verificare usura e carburazione, ogni 1.000 km venivano sostituite le bielle e i pistoni addirittura ogni 200 km. I dati provenienti dai sensori di battito e di temperatura venivano analizzati con la massima cura per valutare i parametri di carburazione e gli anticipi dell&rsquo;accensione. I getti dei carburatori andavano sostituiti anche per minime variazioni di temperatura, per non parlare della frizione multidisco a secco che veniva sostituita ad ogni week end di gara. Il tutto per fare rendere al meglio i circa 100 CV che il motore riusciva a fornire in un ristretto range di giri. Il motore in effetti risultava cos&igrave; spinto che non riesce ad autosostentarsi sotto i 6.000 giri/min, ma era meglio non scendere sotto i 10.000, soprattutto con le marce alte, considerando che la potenza massima era disponibile sopra i 13.000 giri e a 14.000 &egrave; posto il limitatore. Il telaio, un classico doppio trave in alluminio, grazie alle migliorie del motore era pi&ugrave; corto, dotato di pivot con il fulcro di attacco del forcellone pi&ugrave; vicini al cannotto. Interamente saldato a mano, presentava molti particolari realizzati dal pieno. All&rsquo;anteriore era possibile modificare tramite boccole eccentriche sia l&rsquo;offset che l&rsquo;inclinazione della piastra di sterzo. Il telaio al posteriore disponeva del fulcro del forcellone regolabile in altezza. Sempre in tema di ciclistica Simoncelli stava utilizzando nuove piastre di sterzo pi&ugrave; compatte che dovevano garantire maggiore maneggevolezza, ma che imponevano l&rsquo;utilizzo di pinze freno anteriori modificate per non andare in interferenza con il cerchio. I dischi per regolamento erano in acciaio, il diametro standard &egrave; di 255 mm e solo a Motegi hanno dovuto utilizzare dischi speciali perch&eacute; molto sollecitati. Le pinze erano montate sui piedini di una forcella Ohlins con steli da 43 mm di diametro pressurizzate e dotate del sistema TTX. Al posteriore il monoammortizzatore, che ovviamente agiva con un sistema a leveraggi progressivi, era sempre Ohlins ed era incastrato in una angusta nicchia fra telaio, motore e lo splendido forcellone in carbonio veramente imponente. I pneumatici Dunlop Slick forniti mediamente in quattro differenti varianti per ogni gran premio erano alloggiati su cerchi che sono indifferentemente in magnesio o carbonio... il peso non cambiava. Tendenzialmente, Simoncelli adottava i cerchi in carbonio in gara. Per limitare il peso del veicolo tutte le sovrastrutture erano realizzate in carbonio, compreso il serbatoio con una capacit&agrave; superiore ai 22 litri. &nbsp; Sembra una 500 dei vecchi tempi   Non so se &egrave; per i tanti problemi, ma il giorno prima di questa prova ero abbastanza nervoso. Moto leggerissima, telaio sensibilissimo, motore da oltre 100 CV... Praticamente lo stesso rapporto peso/potenza delle 500 che guidavo io nel mondiale! Ecco cosa mi rendeva nervoso: il dovermi riabituare ad una guida sul filo del rasoio, dopo anni di &ldquo;pantofole&rdquo; con i motori a quattro tempi, l&rsquo;antisaltellamento, i controlli elettronici... All&rsquo;inizio mi sono trovato non perfettamente a mio agio anche con i freni. Abituato a &ldquo;scaldare&rdquo; quelli in carbonio, sono stato spiazzato dalla reattivit&agrave; quasi brutale dei dischi in acciaio sollecitati dalle pinze Brembo. Poi pian piano ho cominciato a &ldquo;ricordare&rdquo; come si guida un due tempi da corsa: rigorosamente con il gas aperto o completamente chiuso (vietato parzializzare, come mi hanno ricordato i meccanici prima di partire, per non grippare) e ago del contagiri fra i 10.000 e i 13.000 (la luce del cambio marcia si accende poco dopo), a sfruttare tutta quell&rsquo;energia. Il motore pu&ograve; essere usato anche fino a 14.000, ma i meccanici mi hanno raccomandato di non farlo sempre. quei 1.000 giri in pi&ugrave; vanno tenuti di riserva, per i momenti topici della gara. Anche se ho fatto molti errori nella gestione del gas (ero sempre in ritardo nell&rsquo;apertura), giro dopo giro ho preso a sfruttarla e ho cominciato a sentire anche il controllo di trazione, che a dire il vero con i miei 83 kg di peso &egrave; inutile! Per&ograve; in impennata se alzi la ruota anteriore in terza, la moto viene gi&ugrave; subito! Per quanto riguarda l&rsquo;erogazione del motore, mi aspettavo fosse pi&ugrave; &ldquo;grezzo&rdquo;. Invece questo bicilindrico Aprilia &egrave; un diamante rifinito in tutte le sue sfaccettature, brillante e &ldquo;limpido&rdquo; nella risposta se lo usi al giusto regime. Il telaio invece &egrave; un po&rsquo; pi&ugrave; &ldquo;appuntito&rdquo;, va interpretato con pi&ugrave; attenzione&hellip; A me sarebbe piaciuto allargare un po&rsquo; i semimanubri e lavorare sull&rsquo;assetto dell&rsquo;avantreno, ma devo dire che questa 250 mi ha fatto tornare indietro a quando avevo vent'anni! Prove Amarcord: la Yamaha R6 del team Lorenzini       

"Guidare questa brillantissima due tempi mi ha fatto tornare ventenne! &Egrave; difficile sfruttare al meglio l&rsquo;agilissima ciclistica", ci ha raccontato Randy Mamola, autore di questa prova

Prove Amarcord: il ruggito della Gilera 250 di Marco Simoncelli

        Conteggiando anche il 2020, in 72 stagioni del Motomondiale sono addirittura 84 i titoli iridati assegnati all&rsquo;ultimo Gran Premio. La categoria che ha fatto registrare il maggior numero di arrivi in volata &egrave; la 250, con 24 edizioni, seguita dalla 125 con 21, dalla 500 con tredici e dalla 50 con 12. Sebbene sia stata introdotta nel 2010, due anni prima della Moto3, soltanto nel 2020 la Moto2 ha fatto attendere l&rsquo;ultima gara stagionale per attribuire la corona iridata. Al contrario, invece, per la Moto3 esistevano gi&agrave; tre precedenti, anche se nessuno nel quadriennio 2016-2019, prima di quello di quest&rsquo;anno. Duelli da leggenda: Max Biaggi e l'indimenticato Ralf Waldmann Le statistiche  In cinque stagioni, nel 1950, 1971, 1980, 1982 e 1989, furono ben tre i titoli assegnati al GP conclusivo: nei primi due casi le classifiche erano per&ograve; complesse perch&eacute; il regolamento prevedeva lo scarto di alcuni risultati, formula abbandonata negli anni Ottanta. Sia nel 1950 che nel 1989 si correvano quattro classi, mentre nel 1971, 1980 e 1982 le categorie erano cinque. Nel 1971 i soli titoli assegnati con largo anticipo furono quelli della 350 e 500, entrambi conquistati da Giacomo Agostini con l&rsquo;MV Agusta: per il principio degli scarti, ad Ago bast&ograve; vincere i primi sei GP stagionali della classe regina e sei dei primi otto della 350 per allungare la sua striscia in cima al Mondo. Nel 1980 invece festeggiarono in anticipo Pier Paolo Bianchi con la MBA in 125 e Anton Mang con la Krauser in 250. Quell&rsquo;anno, a una gara dal termine lo stesso Mang e Jon Ekerold erano a pari punti nella classifica della 350: trionf&ograve; il sudafricano grazie alla vittoria nel GP Germania Ovest con poco pi&ugrave; di un secondo su Mang che pure giocava in casa. Due piloti in testa a pari punti a un GP dalla conclusione del campionato: non &egrave; un&rsquo;eventualit&agrave; cos&igrave; rara come si potrebbe immaginare. Sono nove i precedenti, tuttavia l&rsquo;ultimo risale al 1989. Dopo cinque dei sei appuntamenti della 80 al comando c&rsquo;erano Peter &Ouml;ttl (Krauser) e Manuel Herreros (Derbi) con 75 punti: il tedesco aveva vinto tre volte mentre lo spagnolo aveva ottenuto al massimo tre secondi posti. In lizza c&rsquo;era pure Stefan D&ouml;rflinger (Krauser) con 69 punti. Un degno epilogo per la classe 80 che proprio con la gara di Brno, il 27 agosto, and&ograve; definitivamente in archivio. Vinse la Krauser sbagliata, quella di Herri Torrontegui con quasi 19 secondi su Herreros, soltanto quinto in griglia, che fu scortato sul podio dall&rsquo;altra Derbi di Jorge Martinez. Pur scattando dalla pole, D&ouml;rflinger fin&igrave; quinto, mentre &Ouml;ttl cadde. Senza conquistare un solo GP, Herreros vinse il titolo con 12 punti sullo svizzero e 17 sul tedesco. Negli anni Duemila, invece, in quattro occasioni &ndash; 2006, 2013, 2015 e quest&rsquo;anno &ndash; due titoli sono stati assegnati all&rsquo;ultimo GP. Nei primi tre casi un alloro &egrave; stato vinto dal pilota che inseguiva in classifica: 14 anni fa in MotoGP era stato Nicky Hayden, che prima del GP Valencia doveva recuperare otto punti a Valentino Rossi. Arrivi in volata  Nel 2013 invece in Moto3 a una gara dalla fine c&rsquo;era un terzetto in lizza per il titolo: Luis Salom con 300 punti, Maverick Vi&ntilde;ales con 298 e Alex Rins con 295. Il vincitore di Valencia sarebbe diventato campione, a prescindere dai risultati altrui: nell&rsquo;ipotesi di successo di Rins e secondo posto di Salom i due sarebbero saliti entrambi a 320 punti e sette vittorie, ma il primo avrebbe avuto la meglio grazie al numero di secondi posti. Fin dalle prime battute il quintetto con i tre pretendenti al titolo pi&ugrave; Jonas Folger e Jack Miller aveva preso il largo. Al 15&deg; giro per&ograve; Salom &egrave; uscito di scena per una caduta, imitato poi dall&rsquo;australiano. Gara e Mondiale si sono decisi in volata con Vi&ntilde;ales vincitore per 186 millesimi su Folger e 187 su Rins. Tre sono invece i piloti diventati campioni del Mondo pur non figurando nelle prime due posizioni in classifica a una gara dalla fine. Nel 1966, il campionato della 50 era articolato su sei GP, con i migliori quattro piazzamenti validi per la classifica. Dopo il quinto GP le Honda di Luigi Taveri e Ralph Bryans avevano 26 punti, ma Hans-Georg Anscheidt con la Suzuki seguiva a 25, e si aggiudic&ograve; gara, in Giappone, e Mondiale.  Nel 1969 invece nella 50 Angel Nieto aveva 64 punti, Barry Smith 69 e Aalt Toersen 75 ma lo spagnolo aveva soltanto cinque risultati validi a differenza dei rivali che dovevano scartare dei punteggi. All&rsquo;iberico bast&ograve; il secondo posto ad Abbazia per essere campione. In contemporanea nella 250 Santiago Herrero aveva 83 punti, Kent Andersson e Kel Carruthers 82, con quest&rsquo;ultimo terzo per il minor numero di quarti posti. Ma l&rsquo;australiano della Benelli vinse gara e titolo, con cinque punti sullo svedese e sei sullo spagnolo. Duelli da leggenda: la vittoria del privatissimo Tournadre       

Parit&agrave; risolte soltanto nel GP conclusivo, rimonte impossibili e sorpassi ai danni di due rivali in una sola gara: il Motomondiale ha vissuto ogni tipo di epilogo in extremis

Duelli da leggenda: quando il titolo è stato assegnato all'ultima curva

        Con tre successi, tutti in anni dispari, Fausto Gresini &egrave; il pilota pi&ugrave; vincente di sempre a Misano nella 125: degli altri 11 piloti vittoriosi nella ottavo di litro al Santamonica, il solo ad aver realizzato il bis &egrave; stato il leggendario Angel Nieto. Bayliss, Fogarty e la loro esperienza nel Motomondiale 1985  La serie di Gresini si apr&igrave; quando pi&ugrave; era necessario, nel Gran Premio che mandava in archivio il campionato 1985. Una stagione scattata alla grande per i colori italiani con il poker di Jarama: successo di Pier Paolo Bianchi davanti a Gresini con Domenico Brigaglia sul terzo gradino del podio ed Ezio Gianola medaglia di legno. Con quel trionfo l&rsquo;anziano tricampione del Mondo (33 anni) si port&ograve; al comando della classifica e vi rimase fino al quartultimo GP quando fu scavalcato da Gresini. Ma con i secondi posti in Gran Bretagna e Svezia, complice una perdita al serbatoio della Garelli dell&rsquo;imolese, che in vista del traguardo di Anderstorp inizi&ograve; ad andare a un cilindro, si concretizz&ograve; il controsorpasso di Bianchi.  Quando restava soltanto Misano, pista di casa di Bianchi, Gresini era staccato di cinque punti: ai tempi la vittoria ne assegnava 15, il secondo posto 12 e il terzo 10. Con il successo di Gresini, per&ograve;, Bianchi non si sarebbe potuto accontentare della terza piazza: a pari punti e con lo stesso numero di vittorie, il ventiquattrenne del Team Italia avrebbe prevalso grazie al maggior numero di secondi posti. A preoccupare Gresini era soprattutto la cabala: "In Italia non sono mai stato fortunato ma cercher&ograve; di non pensarci". Nei cinque GP corsi in patria si era ritirato tre volte, in un&rsquo;altra occaisone era stato settimo e soltanto nel 1984 a Misano aveva chiuso in terza posizione. Invece Fausto inizi&ograve; con il piede giusto il weekend, prendendosi la pole con 89 centesimi di vantaggio su Maurizio Vitali al rientro in 125. Terzo Bianchi a un secondo e 33 centesimi, quarto Brigaglia: tre MBA tallonavano quindi la Garelli che aveva conquistato anche il quinto posto con un Gianola (per una Top 5 tutta italiana) riabilitato dopo la vittoria e i relativi tre punti 'rubati' in volata al compagno di squadra in Francia. In realt&agrave;, pur guidando una MBA, anche Vitali quel giorno lavor&ograve; per agevolare Gresini, essendo stato assunto dalla Garelli per fargli da guardaspalle. Un&rsquo;anomalia spiegata da Eugenio Lazzarini, team manager Garelli: &ldquo;Abbiamo soltanto quattro moto e io non volevo indebolire la squadra. In secondo luogo credo che Vitali avrebbe fatto una gara peggiore con la Garelli perch&eacute; non conosce la moto&rdquo;. Altri tempi, indubbiamente... Gresini conferm&ograve; la sua superiorit&agrave; andando in fuga al secondo giro mentre Bianchi si ritrov&ograve; a lottare per la posizione d&rsquo;onore con Vitali e Gianola. All&rsquo;inizio dell&rsquo;11&deg; giro il capoclassifica perse alcuni metri dai due scudieri di Fausto ma in quello seguente riusc&igrave; a rifarsi sotto. Bianchi sembrava determinato a giocarsi la seconda posizione, sufficiente per vincere il titolo, ma a cinque giri dalla fine la sua MBA divent&ograve; &lsquo;monocilindrica&rsquo;, costringendolo allo stop: &ldquo;Non &egrave; giusto, avrei preferito perdere il titolo in volata, se questo era il destino. Controllavo la situazione e fino al momento del mio ritiro non hanno giocato sporco. Sembra che la responsabile sia l&rsquo;accensione o forse una candela&rdquo;, disse il romagnolo. Gresini trionf&ograve; con 21 secondi e quattro decimi su Gianola che beff&ograve; Vitali per due centesimi. L&rsquo;imolese regal&ograve; cos&igrave; all&rsquo;Italia il 50&deg; titolo iridato in pista: &ldquo;Non riesco ancora a rendermene conto. Non osavo quasi pensare alla vittoria. A 10 giri dalla fine la moto ha cominciato a fare uno strano rumore. Neppure quando dal box mi hanno segnalato il ritiro di Bianchi sono riuscito a tranquillizzarmi&rdquo;. 1987   L&rsquo;anno seguente Gresini non riusc&igrave; a riconfermarsi ma nel 1987 si riscatt&ograve; alla grande, non lasciando ai rivali nemmeno le Briciole. Fausto arriv&ograve; a Misano, penultimo round del campionato, da imbattuto: nove vittorie su nove GP e la corona in testa. La Rai per&ograve; mostro scarso interesse per l&rsquo;eventuale Decima, impiegando soltanto tre telecamere fisse e una mobile e trasmettendo la gara della 125 in differita dopo la 250. Gresini conquist&ograve; la pole con tre decimi su Paolo Casoli (AGV) e 62 centesimi sul compagno di team Bruno Casanova.  Per aggiungere un po&rsquo; di pepe alla contesa Gresini cadde al Tramonto, nell&rsquo;ultimo turno di prove: il botto rese inservibile la Garelli e gli cost&ograve; la distorsione al malleolo esterno della caviglia destra. Eppure in gara, dopo un paio di giri guardinghi, lasci&ograve; la compagnia di Casoli e Bianchi, involandosi solitario: "Ho dovuto usare il muletto ma soltanto quando mi sono reso conto che era tutto a posto ho cominciato a tirare". Alla bandiera a scacchi ebbe 33 secondi di margine sul secondo, l&rsquo;austriaco August Auinger. 1991   Il tris, Gresini lo complet&ograve; nel 1991, anno in cui Misano fu teatro del GP Italia a met&agrave; maggio. Alla vigilia la classifica della 125 era cortissima: 55 punti Noboru Ueda, 51 Gresini e 50 il campione in carica Loris Capirossi. I tre si erano spartiti i nove podi dei primi tre GP ma Fausto, alla seconda stagione con la Honda del Team Pileri, non era ancora riuscito a vincere. Per dirla tutta, non vinceva un GP da quattro anni, proprio dal trionfo a Misano del 1987. Nel primo turno di prove il pi&ugrave; veloce fu Capirex seguito dal giapponese e da Gresini che per&ograve; in quello successivo lim&ograve; quattro decimi al suo crono, portandosi in testa. Causa pioggia, nella terza sessione i tempi furono pi&ugrave; alti e cos&igrave; Gresini part&igrave; in pole, affiancato dal compagno di team Capirossi, da Heinz L&uuml;thi, Gianola e Ueda. In gara, a parte i primi metri, Fausto divent&ograve; subito uccel di bosco, mentre Ueda cadde al curvone del Carro, in accelerazione, e ruzzolando fin&igrave; persino per colpire il muro, che non era troppo vicino al nastro d&rsquo;asfalto. Gresini batt&eacute; Capirossi, Alessandro Gramigni e poi Gianola sulla Derbi. &ldquo;Sono partito fortissimo e ho potuto gestire la corsa a mio piacimento. Loris non mi ha mai impensierito. Era dai tempi di Brno, nel 1987, che non mi sentivo cos&igrave; in forma&rdquo;. Verit&agrave; inconfutabile: Capirossi, futuro campione-bis, rimedi&ograve; 18 secondi e mezzo. Carl Fogarty: &ldquo;La Petronas fu un'esperienza frustrante&rdquo;       

L&rsquo;imolese &egrave; stato l&rsquo;unico a vincere tre volte al Santamonica in 125: nell&rsquo;85 conquist&ograve; gara e titolo, nell&rsquo;87 sal&igrave; a dieci successi in dieci GP stagionali. E nel &lsquo;91 spezz&ograve; un lungo digiuno

I tre successi di Fausto Gresini a Misano

Le durissime gomme Michelin erano davvero ostiche da &ldquo;masticare&rdquo;, in particolare l&rsquo;anteriore, ma Ezio Gianola seppe trarne il meglio, portandole al limite dell&rsquo;aderenza offerta, guidando la Honda 125 come nessuno sapeva fare. Il primo successo datato 1989 fu storico, poich&eacute; ottenuto a Suzuka, in faccia ai vertici giapponesi che avrebbero desiderato la vittoria di un connazionale. Ezio fu il primo italiano a conquistare un Gran Premio nella terra del Sol Levante ed entr&ograve; in lizza per il Mondiale della ottavo di litro a due tempi, confrontandosi con JJ Cobas, Derbi, Aprilia e le &ldquo;colleghe&rdquo; NS 125 messe in pista dalla Casa dell&rsquo;Ala dorata.  Con buoni piazzamenti colti in Australia e Spagna, Gianola si present&ograve; all&rsquo;appuntamento del Santamonica con il desiderio di vincere ancora: &ldquo;L&rsquo;impresa giapponese fu grandiosa, indimenticabile - il ricordo del protagonista, oggi 60 anni - perch&eacute; riuscii a mettere in riga ben nove rivali nipponici equipaggiati di Honda ufficiali. Ero forte e carico, nonostante evidenti problemi accusati con le Michelin, dure come sassi e dal limite difficile da percepire. Lavorando di fino sulla forcella e guidando con una tecnica tutta mia, vinsi a Suzuka, andai forte a Phillip Island e a Jerez. Per&ograve; io desideravo ancora il gradino pi&ugrave; alto del podio; era un obiettivo realizzabile a Misano, pista amica, su cui avevo gi&agrave; fatto benissimo&rdquo;.    Officina: l&#39;importanza delle valvole  Gianola: &quot;Correre a Misano era incredibile&quot;   Il GP Nazioni di quel 1989 si corse &ldquo;al contrario&rdquo;, o meglio nel senso originale, antiorario, del tracciato romagnolo. Le aspettative dei tifosi italiani erano altissime e si desiderava festeggiare almeno un corridore azzurro iscritto alle quattro classi programmate. Gianola era tra i favoriti della 125: &ldquo;Al Santamonica accorrevano migliaia di appassionati - Ezio ricorda la grande folla che assiepava i prati e gremiva le tribune &ndash; ed era incredibilmente bello correre davanti a un pubblico amico e internazio nale. C&rsquo;erano alcuni punti della pista in cui si potevano udire le loro urla&rdquo;.  Preparare al meglio la moto, lavorando sodo nelle prove, per poi attaccare in qualifica e provare il tutto per tutto sabato, eccezionalmente il giorno di gara per le classi pi&ugrave; piccole: &ldquo;Ero veloce nella serie di curve sinistrorse del Carro che portavano in piena accelerazione al rettilineo e poi alla staccata del Tramonto - ricorda oggi il vice iridato dell&rsquo;epoca - ma non ero abbastanza veloce. Il motivo era chiaro: rimanendo in estrema piega per secondi e secondi, non potevo cambiare agilmente le marce. Il piede sinistro rimaneva tra pedana, leva del cambio e asfalto, perci&ograve; per poter inserire un rapporto dovevo rialzare rapidamente la moto, agire con la punta e riabbassarmi. Era un&rsquo;azione laboriosa e nemmeno troppo proficua. Cos&igrave;, per guadagnare tempo e spazio, mi venne un&rsquo;idea&rdquo;.  Il Gran Premio delle intuizioni   Gianola viene ricordato come un pilota-innovatore: dalle leve del freno e della frizione &ldquo;a banana&rdquo; prese in prestito dal Cross, a uno stile di guida allungato verso l&rsquo;avantreno, rivelatosi proficuo nei tempi moderni. Il colpo di genio decisivo per Misano &lsquo;89 fu realizzato con la collaborazione del suo meccanico, il gi&agrave; noto Mario Ciamberlini, decisivo per i trionfi di Franco Uncini: &ldquo;Avevo calcolato che, in ogni cambiata, perdevo tra i due e tre decimi, perch&eacute; scomponevo la moto e non facevo strada. Avendo due Honda nel garage, dissi a Mario Ciamberlini di fare due cose: rovesciare il funzionamento del cambio &lsquo;stradale&rsquo;, mettendo la prima in alto e i successivi innesti in basso; dato che dovetti imparare nuovamente gli automatismi in sella, faticando con il piede destro in staccata, gli chiesi pure di bloccare il freno posteriore, cos&igrave; non avrei potuto usarlo. Considerando le due modifiche apportate, posso dichiarare di aver innovato tecnica di guida e conseguente stile in sella, con tempi sul giro decisamente migliori, Nella notte alla vigilia della gara, per&ograve;, Mario non chiuse occhio, perch&eacute; pensava a quelle modifiche cos&igrave; strane&rdquo;.    Il Gran Premio si rivel&ograve; una battaglia tra il lombardo del Team Pileri, l&rsquo;olandese Hans Spaan (Honda), lo spagnolo Alex Criville su JJ Cobas (fresco di nomina a vincitore pi&ugrave; giovane di un GP iridato) e il pilota Aprilia Fausto Gresini. Seminato quest&rsquo;ultimo, volato a terra Criville nel finale, in lizza per il successo si ritrovarono Ezio e Spaan: &ldquo;Sapevo che mi avrebbe attaccato all&rsquo;ultimo giro, mica ero pirla (ride). Feci una manovra intelligente: alla Brutapela, anzich&eacute; entrare velocissimo, esitai quel tanto da far rallentare Spaan, attaccato al mio codone. Poi, aprii tutto e andai a vincere, beffandolo per un&rsquo;inezia. Suggellai il weekend presentandomi da leader della classifica e uscendo dal Santamonica con in tasca il primato temporaneo&rdquo;. Temporaneo, perch&eacute;? Ce lo spiega lo stesso Gianola: &ldquo;Tribolai con le gomme per tutto il resto della stagione. Alcuni avversari passarono da Michelin a Dunlop, io dovetti mantenere il rapporto con la Casa di Clermont-Ferrand. Ci&ograve; mi cost&ograve;, forse, il titolo mondiale. Riuscii a salire sul podio in altre quattro occasioni, ma non sul gradino pi&ugrave; alto. Per&ograve; tengo nel mio cuore l&rsquo;affermazione colta al Santamonica: erano presenti i vertici di Honda Italia e di Tokyo, il proprietario del team, gli sponsor e tanti addetti del settore. Tutti se la ricordano, quella gara. Rimane una delle maggiori soddisfazioni&rdquo;.  Michel Fabrizio: &quot;Io, dal chiosco alla MotoGP&quot; 

Il lombardo vinse grazie a due idee decisive: &quot;Rovesciai il corso degli innesti del cambio per arrivare meglio al Tramonto, e in gara ingannai Spaan con un&rsquo;esitazione all&rsquo;ultima curva&quot;

Misano 1989, la doppia intuizione di Ezio Gianola

Chi vuole vincere un Mondiale lo ha ben chiaro: la pista di casa non esiste. E nella testa del pilota non deve esistere nemmeno la pista pi&ugrave; o meno favorevole. L&rsquo;opinione &egrave; autorevole: Pier Paolo Bianchi &egrave; tre volte campione del Mondo della 125 e abita a una quindicina di chilometri dal circuito di Misano, ha girato su quella pista fin da quando &egrave; stata aperta e vi ha vinto tre volte quando ancora si correva in senso opposto. Ma che per lui l&igrave; le cose fossero pi&ugrave; facili che altrove, non lo ha pensato mai. &ldquo;Per me la costruzione del circuito &egrave; stata una manna dal cielo perch&eacute; non dovevo pi&ugrave; allontanarmi tanto per andare a girare &ndash; spiega &ndash; ci vivevo dentro e lo conoscevo come le mie tasche. Per&ograve; non correvo contro degli sprovveduti, erano piloti bravi come e pi&ugrave; di me, e quando lotti per un Mondiale devi andare forte in tutti i posti. I rivali non conoscevano la pista come me, ma dopo poco andavano forte lo stesso; d&rsquo;altronde quando si andava a correre in Spagna mica partivo perdente perch&eacute; non ero spagnolo!&rdquo;.    Graziano Rossi: &ldquo;Il ritiro di Valentino? Come lasciare la donna che ami&rdquo;  Le tre vittorie ottenute a Misano   &Egrave; altrettanto vero, per&ograve;, che i tre successi ottenuti da Bianchi sul circuito di casa sono stati tutti particolarmente significativi. Curiosamente uno soltanto in quella che era la sua cilindrata preferita, la 125. Avvenne nel 1980, l&rsquo;appuntamento italiano del Mondiale si chiamava ancora GP Nazioni e quell&rsquo;anno, cancellata per neve la prima prova prevista a Salisburgo, apr&igrave; il campionato. Il super favorito era Angel Nieto, campione mondiale in carica in sella all&rsquo;imbattibile Minarelli, ma fu vittima di un inconveniente grottesco: per un difetto, l&rsquo;imbottitura del casco gli scendeva davanti agli occhi e arriv&ograve; soltanto quinto. La gara non ebbe storia, Bianchi in sella alla MBA ufficiale domin&ograve;, vincendo con 20 secondi di vantaggio. Fu di buon auspicio, perch&eacute; quell&rsquo;anno conquist&ograve; il suo terzo titolo mondiale.    Sul circuito di Misano si disput&ograve; anche la prima prova in assoluto del neonato Mondiale della classe 80 cm&sup3;, che aveva appena sostituito la 50. Correva l&rsquo;anno 1984 e fu il secondo successo iridato di Bianchi sul circuito a due passi da casa. &ldquo;La mia cilindrata &egrave; sempre stata la 125, fin dal 1974, ma per quel 1984 non avevo una moto e quando l&rsquo;ingegnere J&ouml;rg M&ouml;ller mi chiam&ograve; alla Huvo-Casal andai volentieri. Per me era un&rsquo;avventura tornare dopo una decina d&rsquo;anni a correre con una cilindrata cos&igrave; piccola, sicuramente pi&ugrave; impegnativa e pi&ugrave; difficile della 125. Tanto pi&ugrave; che andavo contro gli specialisti di quella categoria: D&ouml;rflinger, Abold, Martinez. Guidavano le Krauser e le Derbi che gi&agrave; nella 50 lottavano per vincere, mentre la mia era una moto nuova. Per&ograve; l&rsquo;aveva fatta M&ouml;ller con i meccanici ex Van Veen, la squadra che aveva gestito la Kreidler ufficiale; quindi era una buona base, l&rsquo;incognita era piuttosto il pilota. Invece vincemmo alla prima gara! Fu una bella sorpresa per tutti. La settimana dopo, in Spagna, vincemmo un&rsquo;altra volta e cominciamo a illuderci anche per il campionato, ma il titolo and&ograve; a D&ouml;rflinger che guidava la Zundapp. Io finii al terzo posto, che comunque fu un gran bel risultato&rdquo;.  La terza vittoria iridata arriv&ograve; nel 1986, sempre nella classe 80, alla penultima prova del campionato. Anche questa volta fu fonte di illusioni. &ldquo;Non avrei pi&ugrave; voluto fare la minima cilindrata, ma in 125 correvo con la MBA del Team Elit e montavamo cilindri e marmitte costruiti da J&ouml;rg Seel; ce li faceva pagare meno a patto che io corressi con la sua 80 cm&sup3;. Quella di Misano fu una grande vittoria, andai fortissimo io e and&ograve; fortissimo la moto. Dato che il Mondiale stava per passare alle 125 monocilindriche, Seel ne fece una partendo dalla sua 80: stessa moto ma con le gomme pi&ugrave; larghe e 125 di cilindrata, aveva parecchi cavalli in pi&ugrave;. Forse ci montammo la testa, avevamo gi&agrave; fatto i nostri programmi: &lsquo;Se la 80 va cos&igrave;, quando c&rsquo;&egrave; la 125 facciamo il Mondiale con Seel&rsquo;. Avevamo previsto tutto. Invece quando la provai a Rijeka e anche su altre piste i tempi non c&rsquo;erano, la 125 andava pi&ugrave; piano della 80. Forse era nata male. In conclusione, venne abbandonato tutto&rdquo;.  Il Mondiale perso   Difficile dire quale sia stata la gara pi&ugrave; significativa per Bianchi. Ma conviene risparmiare la fatica: nessuna delle tre. &ldquo;L&rsquo;avvenimento che pi&ugrave; mi ricordo di Misano &egrave; quello dell&rsquo;85, quando ho perso quello che sarebbe stato il mio quarto titolo mondiale&quot;.&nbsp;    &quot;Era gi&agrave; vinto, il fatto che diventassi campione era quasi scontato ed era tutto pronto per la festa. Invece a tre giri dalla fine la mia moto si ferm&ograve; e vinse il titolo Gresini. Ero stato in testa alla classifica per quasi tutto il campionato. Non si era mai fermata, prima! I Mondiali sono di chi li vince ma quella volta lo buttammo via noi. E fummo anche sfortunati perch&eacute; di solito quando grippi riesci a riaccendere il motore e qualche giro lo puoi fare, la moto va pi&ugrave; piano ma finisci la gara. Invece si blocc&ograve; e non si mosse pi&ugrave;. Quel titolo era il mio ma non dovevo vincerlo. &Egrave; il ricordo pi&ugrave; brutto che ho di Misano, tanto che mi d&agrave; ancora pi&ugrave; fastidio parlarne adesso di quanto non me ne desse il giorno che persi il Mondiale. Allora la presi&hellip; bene: &lsquo;&Egrave; andata cos&igrave;, chiuso&rsquo;. Ma a ripensarci adesso&hellip;&rdquo;.  MotoGP, Melandri: &ldquo;Rossi potr&agrave; correre pi&ugrave; rilassato dopo questo annuncio&rdquo; 

Il romagnolo, tre volte iridato, puntualizza: &quot;Per chi insegue il Mondiale, non esiste la pista preferita, serve andare forte ovunque. A Misano ho vinto tre volte, ma il ricordo pi&ugrave; forte &egrave; legato al 1985, con il titolo 125 che mi sfugg&igrave; all&rsquo;ultima gara per un guasto...&quot;

Pier Paolo Bianchi: &ldquo;Misano, casa mia, ma non troppo&rdquo;

Parola di Marc Marquez: &ldquo;&Egrave; giovane, sta andando molto bene e guida in modo diverso dagli altri. Arriver&agrave; in Moto2 e brucer&agrave; le tappe, per salire prima o poi in MotoGP dove far&agrave; molto bene&rdquo;. L&rsquo;otto volte iridato, uno dei soli due piloti capaci di laurearsi campioni del Mondo ancora prima di raggiungere la maggiore et&agrave;, non ha risparmiato elogi a Pedro Acosta, il pi&ugrave; grande talento messosi in luce quest&rsquo;anno: secondo al debutto in Qatar, vincitore una settimana dopo (partendo dalla pit lane!) a Losail e di nuovo primo in Portogallo e in Spagna.  Risultati che gli permettono di guardare i colleghi della Moto3 dall&rsquo;alto in basso. Vincendo il GP Doha, nonostante la penalizzazione della vigilia per l&rsquo;eccessivo rallentamento tra le curve 15 e 16 durante le seconde libere, il pilota del Team Red Bull-KTM Ajo &egrave; diventato l&rsquo;11&deg; pi&ugrave; giovane vincitore di un GP. A 16 anni e 314 giorni ha fatto meglio, fra gli altri, dello stesso Marquez e di Valentino Rossi, ma anche di Loris Capirossi (l&rsquo;iridato pi&ugrave; giovane di sempre), Marco Simoncelli ed Enea Bastianini, tutti per la prima volta sul gradino pi&ugrave; alto del podio nel Mondiale a 17 anni compiuti. Il pi&ugrave; giovane di tutti resta Can &Ouml;nc&uuml;, che come Acosta trionf&ograve; nella Red Bull Rookies Cup e approd&ograve; nel team di Ajo.  A Valencia, nel 2018, esord&igrave; nel mondiale Moto3 in qualit&agrave; di wild card e si impose a 15 anni e 115 giorni. Tuttavia la stagione seguente, con lo stesso team, il turco si &egrave; dovuto accontentare di un 12&deg; posto, sempre al Ricardo Tormo, come miglior risultato. Abbandonato il Motomondiale, &Ouml;nc&uuml; ha cercato di ripartire dalla Supersport ma anche in questa categoria ha faticato a produrre risultati significativi: in nessuna delle 15 gare del Mondiale 2020 dominato da Andrea Locatelli si &egrave; piazzato tra i primi cinque, e cos&igrave; nella classifica di fine stagione si &egrave; ritrovato 12&deg;. Non avevano ancora compiuto 16 anni al momento del loro primo hurr&agrave; gli stessi Scott Redding, primo nel GP Gran Bretagna 2008 (a 15 anni e 170 giorni) e Marco Melandri al GP Olanda 1998 (15 anni e 324 giorni), entrambi in 125. Il romagnolo, per&ograve;, conserva il primato di pi&ugrave; giovane ad aver conquistato due GP: 57 giorni dopo il successo di Assen, Macio concesse il bis, beffando ancora una volta Kazuto Sakata, partito entrambe le volte in pole. Dopo i 28 millesimi dell&rsquo;Olanda, in Repubblica Ceca i due furono separati da appena 38 millesimi.  Moto3: Antonelli, Migno e Fenati, la risposta italiana al dominio di Acosta  La statistica   Quando Acosta ha conquistato il GP Portogallo il suo calendario biologico indicava 16 anni e 328 giorni. Un&rsquo;et&agrave; che ha permesso al pilota di Mazarr&oacute;n di issarsi al terzo posto della classifica dei pi&ugrave; giovani plurivincitori, alle spalle di Melandri e Maverick Vi&ntilde;ales. Quest&rsquo;ultimo infatti si aggiudic&ograve; il primo GP, in Francia nel 2011, a 16 anni e 123 giorni (quinto vincitore pi&ugrave; giovane nella storia del Mondiale) e 41 giorni dopo ad Assen riusc&igrave; a ripetersi in una giornata trionfale per l&rsquo;Aprilia, con otto moto ai primi otto posti della 125, anche se gli esemplari di Johann Zarco (5&deg;) ed Efren Vazquez (7&deg;) erano battezzati Derbi per esigenze di marketing.  Quell&rsquo;anno Vi&ntilde;ales vinse anche gli ultimi due round, in Malesia e a Valencia, diventando il pi&ugrave; giovane di sempre ad aggiudicarsi due GP consecutivi: 16 anni e 298 giorni, ossia 30 giorni prima di Acosta, che ha scalzato Melandri dalla seconda piazza. Persino Hector Barbera &egrave; riuscito a vincere due GP prima del 17&deg; compleanno, ma nel resto della carriera non ha tenuto fede alle attese, a differenza dei colleghi che lo seguono in graduatoria: Dani Pedrosa conquist&ograve; il suo secondo GP a 17 anni e sette giorni, Jorge Lorenzo a 17 anni e 53 giorni, Marc Marquez a 17 anni e 123 giorni e Capirossi a 17 anni e 151 giorni.  Complessivamente il quartetto ha collezionato 19 titoli iridati e 233 GP ponendosi agli antipodi rispetto a &Ouml;nc&uuml; e a Ivan Goi, vincitore del GP Austria 1996 della 125 a 16 anni e 157 giorni, 7&deg; pi&ugrave; giovane di sempre. Terzo in quella gara fu un certo Valentino Rossi, che due settimane dopo inizi&ograve; una cavalcata lunga 115 vittorie e nove titoli. Goi invece non sal&igrave; pi&ugrave; sul podio, a dimostrazione di una scarsa correlazione tra un exploit precoce e una brillante carriera.  Il record a cui Acosta tiene di pi&ugrave;, per&ograve;, &egrave; legato a Capirossi, che nel 1990 divenne campione del Mondo della 125 a 17 anni e 165 giorni, al primo tentativo. Marquez ha insidiato quel record &ndash; laureandosi campione 20 stagioni pi&ugrave; tardi a 17 anni e 264 giorni &ndash; trionfando nel proprio terzo anno nel Mondiale. Per battere Loris, Pedro &ndash; che compie 17 anni il 25 maggio &ndash; dovrebbe conquistare il titolo della Moto3 entro il 6 novembre: secondo il calendario attuale, gli basterebbe mettere in cassaforte il Mondiale prima del GP conclusivo a Valencia. Per farlo, sarebbe sufficiente mantenere l&rsquo;attuale vantaggio sui rivali...               PILOTA            SECONDO GP VINTO            CATEGORIA            ET&Agrave;                  Marco Melandri            GP Rep. Ceca            125            16 anni e 16 giorni                  Maverick Vi&ntilde;ales            GP Olanda 2011            125            16 anni e 164 giorni                  Pedro Acosta            GP Portogallo 2021            Moto3            16 anni e 328 giorni                  Hector Barbera            GP Pacifico 2003            125            16 anni e 337 giorni                  Dani Pedrosa            GP Pacifico 2002            125            17 anni e 7 giorni                  Jorge Lorenzo            GP Olanda 2004            125            17 anni e 53 giorni                  Marc Marquez            GP Gran Bretagna 2010            125            17 anni e 123 giorni                  Loris Capirossi            GP Ungheria 1990            125            17 anni e 151 giorni                  Alex Rins            GP Germania 2013            Moto3            17 anni e 218 giorni                  Aron Canet            GP Olanda 2017            Moto3            17 anni e 268 giorni           

Non ha ancora compiuto 17 anni, eppure Acosta ha gi&agrave; sconvolto il paddock con tre successi, uno dei quali partendo dalla pit lane. Tutti i primati nel mirino dello spagnolo

Pedro Acosta, il bambino d&#39;oro della Moto3

Per rivedere in pista Marc Marquez occorrer&agrave; aspettare ancora un po&rsquo; di tempo. Come passare quindi queste ultime settimane in attesa del suo rientro? Una possibilit&agrave; pu&ograve; essere quella di fare un salto nel passato, riguardandosi magari una delle sue imprese pi&ugrave; celebri. Magari proprio la prima, datata Estoril 2010, quando l&rsquo;allora 17enne Marc decise prima di complicarsi la vita, poi di sbalordire il mondo.  La cattiva qualifica, la pioggia e la bandiera rossa   Siamo nell&rsquo;ottobre 2010 e la stagione &egrave; giunta al penultimo appuntamento, in programma sul tracciato dell&rsquo;Estoril. In 125 Marc Marquez, alla sua terza stagione in categoria, arriva in Portogallo da leader della classifica generale, con 12 punti di vantaggio su Nico Terol e 17 sull&rsquo;attuale compagno Pol Espargar&ograve;.  Dei tre piloti coinvolti nella lotta mondiale solo Terol riesce a brillare nelle qualifiche del sabato, conquistando la quarta casella, allora valevole per un posto in prima fila, mentre Marquez e ed Espargar&ograve; non vanno rispettivamente oltre all&rsquo;11&deg; e 12&deg; piazza. Si arriva cos&igrave; alla gara, dichiarata asciutta ma con il rischio pioggia davvero dietro l&rsquo;angolo: un rischio che diventa realt&agrave; dopo nemmeno due giri, ma che non impedisce alla corsa di proseguire sino al settimo giro, quando viene esposta la bandiera rossa, mentre Terol comanda davanti a Marquez, Smith ed Espargar&ograve;.  Sepang 2011, quando Marquez perse quasi la vista ma torn&ograve; vincente  L&rsquo;errore e l&rsquo;impresa     Si profila cos&igrave; la classifica gara sprint, dalla durata di soli nove giri, con la nuova griglia disegnata seguendo fedelmente la classifica in essere nel momento dell&rsquo;esposizione della bandiera rossa, ma ecco il colpo di scena. Durante il giro di formazione (il sighting lap) Marquez cade all&rsquo;ultima curva, danneggiando la propria Derbi ma riuscendo comunque a ripartire, raggiungendo i box per le dovute riparazioni.  Il team Ajo si prodiga cos&igrave; in un miracolo, riuscendo in nove minuti a rimettere in sesto la moto dello spagnolo, che pu&ograve; cos&igrave; prendere parte al giro di ricognizione (su pista tornata asciutta) e sistemarsi in griglia, ma in 17&deg; ed ultima posizione.  Una situazione che potrebbe mettere in difficolt&agrave; qualunque pilota, ma non il futuro dominatore della MotoGP. Marc infatti scatta perfettamente, riuscendo ad uscire dalla prima curva gi&agrave; in quinta piazza, nonch&eacute; terzo al termine del primo passaggio. Il meglio per&ograve; Magic Marc lo riserva per l&rsquo;ultimo giro, quando con maestria riesce a rintuzzare gli attacchi di Terol, sino a conquistare una clamorosa vittoria davanti al connazionale ed a Smith, spettatore non pagante del duello con sfondo titolo.  Con la splendida vittoria dell&rsquo;Estoril Marc ipotec&ograve; il suo primo titolo mondiale, arrivando all&rsquo;ultimo appuntamento di Valencia con ben 17 punti di vantaggio su Terol, rimasto matematicamente l&rsquo;unico sfidante, e costretto poi ad alzare bandiera bianca al &ldquo;Ricardo Tormo&rdquo;, teatro del primo iride del futuro fenomeno numero 93.    MotoGP, Marc Marquez: &ldquo;L&#39;infortunio non mi cambier&agrave;&rdquo; 

Correva l&#39;anno 2010 quando lo spagnolo ipotec&ograve; il suo primo titolo mondiale con un successo da film. Caduto durante il giro di formazione, vinse una gara sprint scattando dal fondo della griglia

La prima impresa di Marc Marquez: vincere partendo dall&#39;ultima casella

        Before preparing to leave his native California, Cameron Beaubier needed to find a new base to call home between one world championship round and the next. The multiple MotoAmerica title winner has arrived in Europe, ready for the Moto2 season and a return to a paddock he already got to know ten years ago. The 28-year old tells us why he has chosen Spain as his strategic base ahead of his 2021 adventure with the American Team: &ldquo;I&rsquo;m moving to Barcelona &ndash; he comments &ndash; because that airport is convenient for trips to and from California. From there, I can decide whether to leave from Sacramento or San Francisco, and easily land in the Catalan capital. I lived there back in my Red Bull Academy days, in 2008, and again in 2009 when I was in 125. The climate is also similar to that of California, ideal for training with the bike and in the open air. And I even like the local food, so I know I&rsquo;ll get on well there&rdquo;. It&rsquo;s been a long while. How well do you remember 2009? &ldquo;It was a very tough 125 season. I was only 16, little more. I was anything but an expert and had loads to learn. The opportunity to race with KTM was huge, and then I had a guy like Marc Marquez as my team-mate. But it was difficult, even things that seem insignificant. Like where to stay, where to do outside of the circuit, getting used to habits so different to American ones. I was young. Who knows, maybe if I&rsquo;d been able to gain experience in 2010, it might have become easier. It was what it was anyway, there&rsquo;s no point having regrets, as I&rsquo;m now heading back to where I started&rdquo;. Your 2021 season began with the Jerez test of last November. &ldquo;I hadn&rsquo;t ridden at Jerez since 2009, a 125 two-stroke, but I immediately recalled the direction of the track (he laughs). In Andalusia I focused on understanding the many new elements, both bike and team. Track conditions weren&rsquo;t perfect, as I lapped in the wet on day one and on day two it only dried out towards the afternoon. Lap times weren&rsquo;t the best I could do, but it was an important test, coming before the winter break&rdquo;. You&rsquo;re going from the R1 Superbike to the Triumph-powered Kalex. Are they very different? &ldquo;Yes, of course, the Kalex I rode at Jerez was very different to the R1 Superbike I rode for years in MotoAmerica. I was positively impressed by my new bike, because it was lighter and more powerful that I&rsquo;d imagined it would be. The frame is stiff and extremely reactive, it&rsquo;s like a prototype project. I was surprised how much drive the bike has out of the turn. The Triumph three-cylinder has impressive torque and the weight/power ratio is similar to that of the Yamaha R1, but it doesn&rsquo;t rip your arm every time you accelerate. I know I have a long road ahead, as I need to learn the tracks, the settings and many other important things&rdquo;. Capitan America makes a change: Wayne Rainey&rsquo;s advice  Why has Cameron decided to leave MotoAmerica after such success? Why didn&rsquo;t he do it before? He explains the reasons behind his return to Europe: "This Moto2 challenge marks a new chapter in my career as a rider. I want the sensation of experiencing something new, fresh. I&rsquo;ve won a lot back home with Yamaha. Six championships in all, one in 600 and five in Superbike. A great experience, fantastic. But I wanted to compete in a world championship. I&rsquo;ve wanted it for three years, maybe in SBK, but eh right opportunity didn&rsquo;t present itself. Then I got the chance with American Racing, and I realised that SBK wasn&rsquo;t the only way to return to racing in Europe. I&rsquo;m excited and happy and cannot wait to pack my bags and &nbsp;set off&rdquo;. Has Wayne Rainey given you any advice before you leave? &ldquo;I&rsquo;m still able to ask him for advice. Throughout my career I&rsquo;ve respected and looked up to Wayne, having him with me for years and listening to my suggestions has been amazing, extremely valuable. It&rsquo;s incredible what Rainey&rsquo;s done with MotoAmerica. His aim was to get American riders back on the world stage and he&rsquo;s done that with Joe Roberts, Garrett Gerloff, and now me. I think he&rsquo;s so cool. I know we have many strong riders in America but people don&rsquo;t see them. I also know his work is starting to pay off. I am just one example&rdquo;. You seem really motivated. &ldquo;I am, very much. Both from a sporting and human standpoint. I often think it would be great to see people I haven&rsquo;t seen since 2009. Who know show they&rsquo;ve changed or where they live, maybe Europe, maybe their native countries. I will represent America in the world championship. Something that motivated me to choose Moto2 was seeing Joe Roberts and Garrett Gerloff waving the stars and stripes in the respective championships. That moved me and I decided I wanted to do the same&rdquo;. Gerloff on Rossi&rsquo;s MotoGP bike: good job, Garrett!  In the European GP, Garrett Gerloff briefly stood in for Valentino Rossi on the Yamaha Monster Energy team. Despite the Texan not knowing the M1, the Michelin tyres, the carbon brakes or the Valencia track, he did well. Beaubier was his team-mate back in the USA: &ldquo;He did so well. Garrett was immediately quick, despite getting on the Yamaha MotoGP for the first time. The track conditions were terrible for a debut too, but he did great. I&rsquo;ve known Gerloff for a long time, we lived together, I know how talented he is, so his performance in WorldSBK didn&rsquo;t surprise me, and neither did his speed with Valentino&rsquo;s M1&rdquo;. This year will see Gerloff fight for the title and a place in MotoGP: you too? &ldquo;Yes, and he&rsquo;s right to do so. I too would like to reach MotoGP, that&rsquo;s every riders aim, and mine too. We&rsquo;re talking about the top class, what everybody wants. I want that. But, at the same time, I&rsquo;m not looking too far ahead and prefer to focus on the present honestly. If an opportunity to race in the top class presents itself, I&rsquo;d be in seventh heaven. But first I have to do well in Moto2 and keep a grip on reality. I want to avoid daydreaming and predictions&rdquo;. In 2009, could you have predicted Marquez&rsquo;s future success? &ldquo;I already knew Marc was very strong. Our KTM definitely wasn&rsquo;t the best bike on the grid, Aprilia and Derbi were much more competitive, and yet little Marquez reached the podium twice between 2008 and 2009. Incredible. I remember thinking &ldquo;how can this Spaniard be so fast?&rdquo;. He was amazing from a young age. Then he continued to grow and learn, becoming so impressive. His way of riding fast, crashing and getting back up even quicker than before is incredible&rdquo;. Might we see you&rsquo;ll be racing in the same championship in 2022? &ldquo;Oh man. One thing at a time, my friend. I don&rsquo;t want to get ahead of myself. Not in terms of time or space. I have memories of some of the tracks, let&rsquo;s see if I remember them well. My aim is to gain experience, score good results and have fun. Let me enjoy my return to the world championship, then I&rsquo;ll think about the steps to take and the rivals to face. I come back to Europe with the desire to grow as a rider and a person, everything else will be a happy discovery&rdquo;. Translated by Heather Watson MotoGP, Morbidelli: &ldquo;Marquez? He'll struggle to forget the injury&rdquo;       

Before becoming a multiple MotoAmerica title winner, Cameron shared the KTM garage with the future king of MotoGP: &ldquo;I asked myself &lsquo;how on earth can he be so fast?&rsquo;. He&rsquo;s amazing now, he crashes and gets right back up"

Moto2, Beaubier: “Marquez was amazing from a young age”

Oggi ha aperto, come tanti suoi colleghi, una scuola di pilotaggio, ma in passato &egrave; stato anche un pilota di discreto successo nel Motomondiale, soprattutto nelle classi minori, una fugace comparsata nel Mondiale Supersport ed un titolo nella Alpe Adria Road Racing categoria Superbike nel 2016 con una BMW S1000RR.  Figlio di quella Repubblica Ceca che tanti piloti ha regalato al Motociclismo, come per esempio Kuba Smrz, Karel Hanika, Karel Abraham e lo stesso Lukas Pesek giusto per citarne alcuni.  Gli inizi   Nato nella capitale, Praga, il 22 novembre 1985, Lukas ha mosso i primi passi nel motociclismo sulle moto di piccolissima cilindrata. Dal 94 al 2000 ha corso sulle minibike 40 vincendo 6 campionati cechi ed un europeo.  Nel 2002 passa al Campionato Europeo Velocit&agrave; classe 125 con una Honda chiudendo al terzo posto e nel contempo debuttando nel Mondiale nella sua gara di casa a Brno senza raccogliere punti.&nbsp;  Il Motomondiale - 125, 250, Moto2   Dopo l&rsquo;infelice esperienza del 2002 in 125 nella sua gara di casa, ritenta l&rsquo;anno seguente in 250 con una Yamaha. Debutta a Barcellona sostituendo il connazionale Jakub Hules e dal Gran Premio di Germania &egrave; pilota titolare del team Kurz insieme al giapponese Matsudo. Termina la stagione con 4 punti all&rsquo;attivo e la 30^ posizione.  Per il 2004 sceglie nuovamente la 125. Debutta con il team Ajo Motorsport in sella ad una Honda, miglior risultato un 8&deg; posto all&rsquo;Estoril. Stagione che si chiude al 21&deg; posto con 20 punti.  Nel 2005 passa alla Derbi. I risultati iniziano a migliorare e Lukas migliora anche la posizione in classifica finale, 19&deg; con 25 punti ed il 6&deg; posto in Germania come miglior risultato, pur completando solamente 5 gare delle 17 in calendario.  La stagione 2006 si apre con il podio, primo in carriera a Jerez al quale ne seguono altri due, Mugello e Germania. Chiude il campionato al sesto posto con 154 punti. Fino a questo momento il rapporto con la sua pista di casa, Brno, &egrave; pessimo: 5 partecipazioni, 4 ritiri ed un 17&deg; posto  Nel 2007 &egrave; ancora con il team Derbi in 125. Inizia con un doppio podio in Qatar e Spagna, vince la prima gara in carriera in Cina e va ancora a podio in Francia. Centra finalmente un podio nella sua gara di casa di Brno e coglie la seconda ed ultima vittoria in Australia chiudendo al 4&deg; posto con 182 punti.  Nel 2008 torna in 250 con l&rsquo;Aprilia. 9&deg; posto a Misano come miglior risultato e chiude 15&deg; con 43 punti. Nel 2009 invece &egrave; 14&deg; con 74 punti, frutto di 3 settimi posti.  La stagione 2010 segna il debutto della nuova classe Moto2 al posto della 250. Corre con una Moriwaki del team Matteoni i primi 11 GP prima di di essere sostituito da Santiago Hernandez. Conclude la sua prima parte nel Motomondiale con 5 punti e la 34^ posizione  Le derivate di serie: Campionato tedesco e Mondiale Supersport   Conclusa l&rsquo;avventura nel Motomondiale, nel 2011 disputa il campionato europeo classe Moto2 e il campionato tedesco Supersport. Nel 2012 passa al Mondiale Supersport con la Honda CBR600 del team Prorace. Disputa le prime due gare, Australia ed Imola, conquistando 6 punti ma dopo Imola viene sostituito da Lorenzo Lanzi. Lasciato il Mondiale, continua a disputare il Campionato tedesco Supersport con alterne fortune.  Ritorno in MotoGP con Ioda   Con la MotoGP che l&rsquo;anno precedente aveva aperto all&rsquo;ingresso delle CRT, nel 2013 Lukas rientra nella Top Class del Motomondiale con la Ioda-Suter del team Came IodaRacing al fianco di Danilo Petrucci. Delle 18 gare in calendario ne completa 7 senza peraltro portare a casa punti.  Pesek in pista... sulla fiducia  Gli ultimi anni   Negli ultimi anni il pilota ceco si &egrave; dedicato al campionato nazionale Superbike, al Mondiale Endurance ed all&rsquo;Alpe Adria Road Racing, campionato europeo di corse su strada. Nel 2015 &egrave; campione ceco Superbike e secondo nell&rsquo;Alpe Adria in sella ad una BMW S1000RR. L&rsquo;anno seguente vince l&rsquo;Alpe Adria ed &egrave; terzo nel Mondiale Endurance. 

Dopo Karel Abraham, un altro figlio della Repubblica Ceca nella nostra rubrica del &ldquo;Che fine ha fatto&rdquo;. Si tratta di Lukas Pesek, ex pilota del Motomondiale transitato nel Mondiale Supersport e dalle Road Races

Che fine ha fatto: Lukas Pesek

In questi giorni circolano tanti rumors sul futuro di Jorge Lorenzo e sul suo possibile passaggio in Aprilia come collaudatore. Il test a Portimao, infatti, &egrave; stato deludente per il pilota maiorchino, che ha siglato soltanto l&rsquo;ultimo tempo.  Di l&igrave; le voci sul possibile licenziamento di Lorenzo da Yamaha, che non sarebbe stata soddisfatta del suo ruolo di collaudatore quest&rsquo;anno.  Per Lorenzo, per&ograve;, l&rsquo;obiettivo sarebbe quello di continuare con la Casa dei Tre diapason. &nbsp;  &ldquo;Voglio continuare come tester e la mia prima opzione &egrave; ancora la Yamaha: ho vinto con loro e mi trovo molto bene sulla moto, ma ci sono anche altre opzioni&rdquo;, ha rivelato Jorge alla testata spagnola AS.com, confermando che l&rsquo;altra possibilit&agrave; &egrave; rappresentata da Aprilia. Tutto dipende da cosa dir&agrave; Yamaha. &ldquo;Ho parlato con Lin Jarvis e mi ha detto che presto avrebbe avuto notizie dal Giappone sul piano che vorrebbero attuare per il prossimo anno. Attendo di avere sue notizie. Vedremo cosa mi dir&agrave;&rdquo;, spiega Lorenzo.  &ldquo;Yamaha non ha saputo usarmi&rdquo;   Lorenzo ha analizzato poi anche la stagione appena passata, durante la quale il suo apporto non &egrave; stato molto coinvolgente.  &ldquo;Sinceramente credo che il COVID-19 ci abbia danneggiato entrambi e senza di esso sarebbe stato un anno molto redditizio. Alla fine non hanno potuto o non hanno saputo usarmi. &Egrave; come se sei una squadra di calcio e hai Messi o Ronaldo e non ne approfitti.  &ldquo;La realt&agrave; &egrave; che ho fatto solo due giorni di test a Sepang e solo perch&eacute; ho insistito, perch&eacute; non era previsto. E di recente ho trascorso una giornata e mezza a Portimao. Alcuni meccanici erano stati contagiati dal Coronavirus ed erano a corto di personale al GP di Francia, quindi abbiamo finito prima&rdquo;.  &ldquo;Portimao: test all&#39;ultimo minuto&rdquo;   Lorenzo ha spiegato perch&eacute; non &egrave; riuscito a essere competitivo nei test.  &ldquo;A giugno, nel mezzo del COVID, mi &egrave; stato detto da Yamaha che sicuramente non ci sarebbero pi&ugrave; stati i test quindi ho abbassato il ritmo di allenamento. All&#39;improvviso e senza aspettarmelo, Meregalli (direttore sportivo Yamaha, nde) mi ha detto che c&#39;era questo test a Portimao e ho iniziato ad allenarmi come meglio potevo. Mancava poco tempo e non sono arrivato nella forma migliore, e soprattutto non ero su una MotoGP da otto mesi, che &egrave; una moto super estrema quindi perdi tutto: perdi il ritmo, i riflessi, il tempo di reazione rallenta e ti serve qualche giorno di acclimatamento alla MotoGP, sia che ti chiami Lorenzo, Rossi o Marquez.   &quot;Se a ci&ograve; si aggiunge che devi andare su un circuito difficile e strano come Portimao, con una squadra che corre all&#39;ultimo minuto, e in pi&ugrave; sulla moto vecchia, &egrave; difficile essere minimamente competitivi...&rdquo;  Rossi su Lorenzo: &ldquo;Se vuole fare il collaudatore deve allenarsi con la moto&rdquo;  &ldquo;Dubbi sulla mia competitivit&agrave;&rdquo;   Lorenzo, per&ograve;,&nbsp; ha il dubbio che in Yamaha non abbiano del tutto capito&hellip; &ldquo;Ho la sensazione che questo test abbia sollevato qualche dubbio sulla mia competitivit&agrave;, ma sarebbe ingiusto e un grosso errore prendere come riferimento solo quello che &egrave; successo a Portimao. Soprattutto conoscendo il mio passato con il marchio e la mia performance quando siamo stati a Sepang all&#39;inizio dell&#39;anno.   &quot;Non salivo sulla M1 da tre o quattro anni ed ero 1.3 dei pi&ugrave; veloci. E questo senza poter montare l&#39;ultima gomma morbida perch&eacute; ha iniziato a piovere, altrimenti sarei stato a mezzo secondo o sette decimi dal primo. La mia prestazione normale con la M1 &egrave; quella, e non quella del test di Portimao&rdquo;.&nbsp;  E&rsquo; evidente, dunque, che Yamaha ha priorit&agrave; su Aprilia. &ldquo;La squadra del presente ha sempre la priorit&agrave;, sia per la comodit&agrave; di conoscere gi&agrave; le persone, sia per quello che ho ottenuto con loro in passato, perch&eacute; la Yamaha &egrave; l&#39;unica Casa con cui sono stato campione della MotoGP e perch&eacute; la M1 per me &egrave; sempre stata una moto &lsquo;naturale&rsquo;.  &ldquo;Se la Yamaha decide di non avermi sar&agrave; un vero peccato per entrambe le parti. Onestamente, penso che sar&agrave; impossibile per loro trovare un pilota che si adatti in modo cos&igrave; naturale allo stile che la Yamaha richiede e abbia la stessa sensibilit&agrave; per individuare la giusta direzione per l&#39;evoluzione di ogni pezzo&rdquo;, aggiunge Lorenzo.    &ldquo;Aprilia &egrave; il piano B&rdquo;   Per Jorge Lorenzo il passaggio ad Aprilia &egrave; dichiaratamente un &ldquo;piano B&rdquo;, ma il maiorchino aggiunge che sarebbe ugualmente motivato. &ldquo;Prima di tutto ho iniziato con il Gruppo Piaggio, perch&eacute; Derbi apparteneva a loro e con loro sono entrato nel Mondiale, vincendo le gare. Poi sono andato all&#39;Aprilia e ho ottenuto i miei primi due mondiali, quindi ho una storia vincente con Aprilia e sarebbe bello chiudere il cerchio, se cos&igrave; fosse, con loro.  &ldquo;&Egrave; un&#39;opzione pi&ugrave; scomoda, perch&eacute; la M1 &egrave; pi&ugrave; naturale per me, ma se riuscissi a farle migliorare le prestazioni sarebbe un merito pi&ugrave; interessante, come nel caso di Pedrosa con KTM.   &quot;Inoltre, penso che potrebbe fare molto bene anche a Iannone se lo lasciassero correre il prossimo anno. Viviamo entrambi a Lugano e penso che potrei fargli un po&#39; da guida o da allenatore. Lo aiuterebbe a ottenere prestazioni migliori e ad andare pi&ugrave; veloce&rdquo;, aggiunge Lorenzo.  MotoGP: rottura in vista tra Lorenzo e Yamaha?  I vantaggi di essere tester   L&rsquo;obiettivo, comunque, &egrave; quello di restare un collaudatore e di fare qualche gara spot.  &ldquo;Vorrei lasciare la porta aperta per contratto al massimo delle wild card che la Casa possa fare. Se sar&ograve; competitivo e ne avr&ograve; voglia, sarebbe bello avere questa possibilit&agrave;.  &ldquo;Ho sempre detto che siamo fortunati a fare questo lavoro. La cosa peggiore sono la pressione e gli infortuni, quando sei un tester non devi andare al massimo per andare direttamente in Q2 il sabato mattina e giocarti pi&ugrave; tardi le qualifiche e la gara. Come tester i rischi che devi correre quando scendi in pista sono minori. Si allenta la pressione e non si viaggia pi&ugrave; tanto. Ma al contempo regala il piacere di guidare una moto e di sentirti parte di una squadra.   &quot;Penso di essere bravo in questo per l&#39;esperienza che ho e la sensibilit&agrave; che ho sempre avuto&rdquo;, aggiunge riferendosi al lavoro di collaudatore. &ldquo;L&#39;ho dimostrato per molti anni in Yamaha e anche nei miei due anni con la Ducati. Penso di avere quel talento ed &egrave; giusto approfittarne&rdquo;.  Lorenzo non sa ancora quando si chiarir&agrave; il suo futuro.  &ldquo;Immagino tra poche settimane&rdquo;, conclude il maiorchino.  MotoGP: Yamaha doveva chiamare Lorenzo per sostituire Rossi 

&ldquo;Ho la sensazione che questo test abbia sollevato qualche dubbio sulla mia competitivit&agrave;, ma sarebbe un grosso errore prendere come riferimento solo quello che &egrave; successo a Portimao&rdquo;, dichiara Lorenzo a AS.com

MotoGP, Lorenzo: &ldquo;La mia prima opzione &egrave; sempre Yamaha&rdquo;

Il Motociclismo &egrave; pieno di storie particolari ed una di esse riguarda i piloti che sono diventati campioni del mondo senza peraltro riuscire a vincere una gara nell&rsquo;anno che li ha visti cogliere l&rsquo;alloro iridato.  Qualora alla fine della gara di Portimao Joan Mir dovesse centrare il Mondiale, si andrebbe ad unire ad un ristrettissimo club, che vanta i soli tre piloti che hanno compiuto questa impresa: ovvero gli spagnoli Manuel Herreros ed Emilio Alzamora e l&rsquo;australiano Andrew Pitt.  La cerchia si potrebbe allargare anche ai sidecaristi George O&rsquo;Dell, Bruno Holzer e Werner Schw&auml;rzel campioni rispettivamente nel 1977, 1979 e 1982 ma questa &egrave; un&rsquo;altra storia. Concentriamoci invece sul Motomondiale e sul Mondiale Superbike perch&eacute; la cosa si fa interessante.  MotoGP: ecco perch&egrave; &egrave; Joan Mir il favorito per il titolo  Manuel Herreros, classe 80 del 1989   &nbsp;  Nato a Villarrobledo nel 1963, &quot;Chapi&quot; (soprannome di Manuel Herreros) esordisce nel 1984 in 125 con la MBA. Nel 1985 passa alla classe 80 in sella alla Derbi con compagno Jorge Martinez. Nel 1986 arriva la prima vittoria in carriera al GP di Germania, replicata poi nel 1987 al GP di San Marino. In entrambe le stagioni finisce al secondo posto, nel 1988 &egrave; quarto con 69 punti sui 7 GP disputati.  L&rsquo;ultima stagione della classe 80 &egrave; l&rsquo;89. Sui 6 GP disputati non ne vince nemmeno uno ma termina 4 volte sul secondo gradino del podio conquistando il titolo con 92 punti.  L&rsquo;assurdit&agrave; di quella stagione &egrave; che nemmeno il secondo, lo svizzero Dorflinger, tagli&ograve; per primo il traguardo. A vincere pi&ugrave; gare quell&rsquo;anno fu Peter Oettl (il pap&agrave; di Philipp) con tre successi.  Emilio Alzamora, classe 125 del 1999   &nbsp;  L&rsquo;attuale manager dei fratelli Marquez &egrave; forse il caso pi&ugrave; conosciuto di campione del mondo senza salire mai sul gradino pi&ugrave; alto del podio nella sua stagione titolata.  Nella sua carriera tra 125 e 250, lo spagnolo racimola appena 4 successi in 10 anni di carriera nel Motomondiale.  La stagione che interessa a noi &egrave; quella del 1999, terminata con Alzamora campione per un solo punto su Marco Melandri, autore del maggior numero di successi (5) al pari del giapponese Masao Azuma.  Allo spagnolo bastano 5 secondi posti ed altrettanti terzi posti sulle 16 gare disputate per aver la meglio sul ravennate al quale sono fatali i tre zeri subito ad inizio stagione ed un ritiro a Valencia.  Andrew Pitt, Supersport 600 del 2001   &nbsp;  L&rsquo;unico e finora caso di campione del mondo senza vincere una gara per quanto riguarda le derivate di serie risale al primo dei due titoli dell&rsquo;australiano Andrew Pitt in Supersport.  Nel 2001 l&rsquo;australiano, ora crew chief di Locatelli in Superbike, era pilota del team Fuchs Kawasaki in sella alla Ninja ZX-6R in Supersport. L&rsquo;avversario principale era ancora quel Paolo Casoli, campione 97, che l&rsquo;anno precedente aveva sfiorato il titolo contro il tedesco Teuchert.  L&rsquo;esito del Mondiale 2001 &egrave; come quello dell&rsquo;anno prima, ovvero Pitt campione e Casoli secondo per due soli punti.  La particolarit&agrave; &egrave; che Pitt fa della regolarit&agrave; la sua arma vincente, andando a punti in tutte le gare senza peraltro salire sul gradino pi&ugrave; alto del podio. A Casoli, che centra tre successi, &egrave; fatale l&rsquo;ultima gara ad Imola: ritiro subito al primo giro. Foret vince la gara davanti a Muggeridge e Whitham mentre a Pitt basta il quarto posto finale per prendersi il primo dei suoi due mondiali.  MotoGP, Mir a Morbidelli: &ldquo;Non fare pi&ugrave; queste gare&rdquo; 

I due spagnoli e l&rsquo;australiano sono gli unici casi nella storia del Motociclismo ad essersi laureati campioni del Mondo senza vincere nemmeno una gara

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